La sentenza in rassegna (n. 497/2021 della terza sezione del Tar Puglia) è incentrata sulla funzione dell’istituto dei prezzari regionali e sull’obbligo per le stazioni appaltanti di applicarli.
Il fondamento dell’istituto dei prezzari regionali, spiegano i giudici amministrativi salentini, rinviene in una duplice esigenza. Da un lato la funzione dell’istituto è quella, nell’interesse precipuo delle Stazioni Appaltanti e della collettività, di assicurare la serietà dell’offerta e la qualità delle prestazioni finali rese dall’operatore economico selezionato, evitando che la previsione di importi di base eccessivamente bassi impedisca di formulare offerte di sufficiente pregio tecnico (come comprovato dalla collocazione della disciplina sotto l’art. 23 del D. Lgs. n. 50 del 2016 in tema di “Livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi”). Dall’altro, l’istituto dei prezzari regionali ha funzione di regolare il mercato delle opere pubbliche e di prevenirne le storture. L’impiego di parametri eccessivamente bassi (o, viceversa troppo elevati), comunque non in linea con le caratteristiche reali del settore imprenditoriale (come declinate in concreto con riguardo ad un dato territorio ed uno specifico frangente temporale), è in grado, infatti, di alterare il gioco della concorrenza ed impedire l’accesso al mercato in condizioni di parità. Questi ultimi sono valori a carattere sovraindividuale e di primaria importanza nell’ottica dello stesso Codice dei Contratti Pubblici e del diritto dell’Unione. È, quindi, di tutta evidenza che la previsione di prezzari regionali operi nell’interesse precipuo degli operatori economici del settore operanti sul mercato, non tanto uti singuli, quanto come categoria unitaria.
La previsione in seno alla lex specialis di gara di una base d’asta non rispettosa dei valori stabiliti nel prezzario regionale ex art. art. 23, c. 16, 3° periodo, del D. Lgs. n. 50 del 2016 è circostanza che, nella prospettiva ex ante che deve caratterizzare la verifica in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione, impedisce la formulazione di un’offerta seria da parte degli operatori economici interessati. Ne discende che non può ragionevolmente pretendersi dagli stessi, ai soli fini del possesso della legittimazione ad agire in giudizio con l’impugnazione del Bando di gara, la presentazione di una domanda di partecipazione alla procedura di affidamento. Quest’ultimo si tramuterebbe, infatti, in un inutile adempimento formale, privo di qualsivoglia valenza sul piano sostanziale.
Il chiaro tenore dell’art. 23, c. 16, 3° periodo, del D. Lgs. n. 50 del 2016, secondo il quale “Per i contratti relativi a lavori il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato sulla base dei prezzari regionali aggiornati annualmente”, spinge a ritenere che le Stazioni Appaltanti siano tenute a fare puntuale applicazione dei prezzari regionali. La previsione in parola non si esprime, infatti, in termini di mera possibilità (come accade aliunde ove si dice che la P.A. “può”) ma pone un vero e proprio obbligo in tal senso. Del resto, anche a ritenere che il prezzario regionale non abbia valore “tout court” vincolante ma costituisca la base di partenza per l’elaborazione delle voci di costo della singola procedura, deve nondimeno ritenersi che in caso di eventuale scostamento da detti parametri di riferimento, la stazione appaltante sia tenuta a darne analitica motivazione (in questo senso cfr. anche la delibera A.N.A.C. n. 768 del 4 settembre 2019). Ciò è vieppiù necessario ove tale scostamento sia particolarmente sensibile non potendosi tollerare una determinazione del prezzo a base d’asta completamente arbitraria in quanto priva del necessario apparato giustificativo.