Per aprire a Firenze una nuova attività alimentare o di somministrazione sarà obbligatorio vendere il 70% di prodotti di filiera corta o del territorio. E’ quanto ha deciso la giunta di Palazzo Vecchio dando il via libera al disciplinare presentato dall’assessore allo sviluppo economico Giovanni Bettarini. Il provvedimento rappresenta dunque del primo passo operativo del regolamento per la tutela e il decoro del centro storico Unesco approvato dal Consiglio comunale a gennaio scorso.
Secondo quanto previsto da quest’ultimo – racconta la repubblica.it -, è in buona sostanza vietato l’insediamento di nuove attività di commercio al dettaglio del settore alimentare e somministrazione nel centro storico, se non vengono rispettate alcune prescrizioni. Tra queste, l’obbligo di mettere in vendita o somministrare prodotti di filiera corta o comunque tipici del territorio e della tradizione storico culturale della città di Firenze e della regione Toscana. Il disciplinare definisce quindi i concetti di filiera corta e prodotti tipici e tradizionali del territorio: è filiera corta “il percorso economico di un prodotto dallo stadio iniziale della produzione a quello finale dell’utilizzazione”, con al massimo due intermediari commerciali tra il produttore e il consumatore e con la produzione realizzata in Toscana. Per i prodotti tipici si fa riferimento al catalogo della Regione Toscana, che comprende prodotti di qualità dell’agroalimentare toscano certificati con i marchi europei di denominazione di origine protetta (Dop) e indicazione geografica protetta (Igp) e al catalogo dei prodotti agroalimentari tradizionali (Pat). È tuttavia prevista la possibilità di deroga su presentazione di singoli progetti che saranno valutati caso per caso da una apposita commissione tecnica. Gli elementi di valutazione saranno la qualità dell’allestimento di vetrine, insegne e interni, la tipicità dei prodotti venduti o somministrati (nazionale o internazionale), la qualità delle materie prime utilizzate, l’innovatività e originalità del progetto, l’integrazione con l’identità del tessuto storico, architettonico e commerciale della città e le modalità di gestione dell’attività.
«La qualità non è esclusività dei prodotti agricoli locali, ma significa anche decoro del locale, rispetto delle regole sanitarie e del mondo del lavoro – commenta Miari Fulcis, presidente di Confagricoltura Toscana -. La decisione presa da Palazzo Vecchio ci sembra assolutamente coerente con la volontà di riportare un po’ di ordine e su questo non dovrebbero essere mai ammesse deroghe. Aldilà della rispettabile e condivisibile decisione – prosegue Miari Fulcis – sarà necessario approfondire il significato di molte parole delle quali si fa oramai abuso e mi riferisco per esempio al termine “filiera corta”. Ci riserviamo di leggere attentamente la delibera ma chiediamo di fare attenzione anche a quando si lascia ogni valutazione ad una “apposita commissione tecnica” che rischia di diventare un vincolo all’innovazione e alla proposta di nuove idee omologando il tutto sotto un unico giudizio. Come mondo agricolo vorremmo essere maggiormente coinvolti in queste operazioni in quanto riteniamo di poter apportare quelle novità e tendenze che fanno il successo dei nostri territori e la riconoscibilità della vita nelle nostre città».