Il Sindaco di un Comune ha chiesto alla Sezione Regionale di Controllo della Campania della Corte dei Conti un parere in merito alla possibilità per gli enti locali di applicare l’art. 13 della Legge n. 289/2002 agli oneri previsti dall’art. 39, comma 10, della Legge n. 724/1994 in caso di “condono edilizia” e cioè se sia possibile procedere a definizione agevolata del quantum dovuto per interessi in caso di ritardato pagamento dell’oblazione.
La Corte dei Conti, con il PARERE n. 70/2018/PAR ha osservato in primo luogo che la richiesta rientra nella materia della contabilità pubblica, poiché attiene alla disciplina delle entrate, quale pilastro e premessa delle scelte allocative e della loro rispondenza al precetto dell’equilibrio su cui si fonda il “bene pubblico” bilancio secondo i principi contabili del decr. legisl. n. 118/2011 e le norme sulla gestione del bilancio di cui al TUEL n. 267/2000; pertanto, la richiesta di parere è stata ritenuta ammissibile.
Esaminando il merito della questione, la Corte ha richiamato il consolidato orientamento della giustizia tributaria, amministrativa e contabile, nonché della Cassazione SS.UU. (sent. N.22514/20069), secondo cui gli oneri per i titoli edilizi non costituiscono un tributo, bensì un corrispettivo di diritto pubblico al pagamento del quale il richiedente può sottrarsi obbligandosi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune e con l’acquisizione delle opere al patrimonio indisponibile del Comune. Viene precisato, peraltro, che il corrispettivo in questione si articola in due quote: una, relativa agli “oneri di urbanizzazione”ha causa nelle spese che l’ente pubblico affronta per dotare un’area delle opere primarie e secondarie, e l’altra commisurata al costo di costruzione, giustificata idealmente in ragione dell’aumento di valore di cui beneficerà l’immobile per effetto della realizzazione delle opere pubbliche.
Ad avviso della Corte , non è applicabile l’art. 13 della Legge n. 289/2002 la quale concede a regioni, province e comuni la facoltà di definire in modo agevolato il rapporto tributario per “tributi propri”, per mezzo di apposite previsioni normative generali, adottate secondo l’ordinamento di riferimento e conformi ai criteri di legge fissati nella stessa disposizione; l’applicazione della norma presuppone, infatti: la natura tributaria delle entrate; il previo accertamento dell’entrata e la sua mancata riscossione ne termini e nei tempi di legge; una disciplina attuativa che stabilisca preventivamente ed in generale, nelle forme e con le fonti di ciascun ordinamento territoriale, i criteri della definizione agevolata. Tali presupposti non sono rilevabili nelle somme di cui alla questione sollevata dal Comune per cui, in conclusione, non è ritenuta possibile la definizione agevolata.
LINK – CORTE DEI CONTI – SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO DELLA CAMPANIA – PARERE N 70/2018 DEL 9 MAGGIO 2018
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it