Ad avviso della Corte di Cassazione (Ordinanza n. 17409 del 3 luglio 2018) non è sufficiente che il provvedimento di revisione della classe catastale faccia riferimento solo al rapporto tra valore di mercato e quello della microzona oggetto dell’esame, rispetto all’analogo rapporto all’interno del complesso delle microzone comunali.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR Puglia che aveva rigettato l’appello contro la decisione della CTP relativa ad un AVVISO DI ACCERTAMENTO PER ESTMI CATASTALI del 2012. La ricorrente ha sostenuto che la norma recata dal comma 335 della Legge n. 311/2004 era finalizzata ad una revisione massiva del classamento degli immobili all’interno del territorio comunale, per cui il confronto avrebbe avuto senso solo fra microzone di uno stesso ambito, mentre la CTR avrebbe violato e falsamente applicata la norma.
La Cassazione ha ricordato come la Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 249/2017, ha affermato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare, obbligo che proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione deve essere assolto in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento” ribadendo così la necessità di un provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione. Da ciò la infondatezza del motivo di ricorso e la considerazione che su tale punto la CTR ha correttamente applicato tale principio.
Circa il motivo sollevato dall’Agenzia delle Entrate in relazione al fatto che la CTR avrebbe dovuto sospendere il processo in pendenza di un giudizio dinanzi al Consiglio di Stato riguardante le revisione del classamento delle unità immobiliari del Comune di Lecce, la Suprema Corte ha rilevato che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 13 ottobre 2016, allorchè a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 15/2015 non ricorreva più l’ipotesi di sospensione necessaria ai sensi dell’art. 395 c.p.c. , ed eventualmente avrebbe potuto applicarsi l’art. 337, c. 2, c.p.c., che prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa.
Alla luce delle suddette motivazioni, il ricorso è stato rigettato.
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it