I giudici del Tar Sardegna, nella sentenza 547/2019, affrontando il tema del metodo di qualificazione delle concessioni miste, chiariscono, innanzitutto, che la controversia riguardante l’atto di risoluzione del rapporto concessorio per la gestione della struttura equestre comunale adottato dal Comune (e i connessi profili di condanna e restitutori), appartiene alla giurisdizione del g.o.
La sola appartenenza del bene al patrimonio indisponibile non qualifica di per sé la concessione in termini di “concessione di beni”, essendo un simile automatismo certamente da escludere tutte le volte in cui, proprio come nel caso di specie, la natura pubblicistica del bene trovi fondamento nella sua strumentalità allo svolgimento di un servizio pubblico, secondo il criterio teleologico di cui all’art. 826, c. 2, c.c., giacché tale schema implica, per sua natura, una “coesistenza” tra natura pubblica del bene e funzione pubblica del servizio cui è destinato; in questi casi, dunque, compete all’interprete individuare, tra i due profili, quello in concreto prevalente e, come tale, capace di qualificare giuridicamente il rapporto; occorre, in altre parole, operare un giudizio di “prevalenza sostanziale”, per certi versi analogo a quello previsto in materia di appalti pubblici dall’art. 169, c. 8, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
Il corretto metodo di qualificazione delle concessioni miste trova conferma nel prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui il più importante criterio discriminante tra “componente beni” e “componente servizi” risiede negli obiettivi di fondo perseguiti dall’Amministrazione concedente, i quali -se travalicano il mero utilizzo ordinario del bene, collocandosi in una prospettiva più ampia- “colorano necessariamente il rapporto in termini di servizi”. Inoltre, il tendenziale “favor ordinamentale” per la figura della concessione di servizi, a discapito della concessione di beni, trova giustificazione sotto un ulteriore profilo che, pur non rilevando direttamente nel caso di specie, costituisce un dato sistematico di sicuro riferimento: si tratta del fatto che l’affidamento delle concessioni di servizi -in quanto assoggettato alle regole del Codice dei contratti pubblici- è assoggettato a meccanismi “più sicuri”, sotto il profilo della tutela della trasparenza e della concorrenza, rispetto all’affidamento delle concessioni di beni, in relazione alle quali, come noto, tali principi vanno faticosamente affermandosi solo in tempi recenti e in via giurisprudenziale.
La stessa Autorità nazionale anticorruzione, con delib.n.1300/2016, ha ritenuto che la concessione di un impianto sportivo con rilevanza economica debba essere inquadrata nell’ambito delle concessioni di servizi, con ciò che ne consegue sulle procedure da utilizzare per l’affidamento, ritenendo che la fattispecie presenti tutti i presupposti di cui all’art. 3, c. 1, lett. vv), del d.lgs. n. 50/2016, trattandosi di contratto a titolo oneroso in cui il corrispettivo del concessionario è rappresentato dal profitto derivante dalla gestione dei servizi. Pertanto, il ricorso avente a oggetto l’atto di risoluzione del rapporto concessorio per la gestione della struttura equestre comunale adottato dal Comune (e i connessi profili di condanna e restitutori), deve ricondursi alla giurisdizione del giudice ordinario sulla base del generale criterio di riparto basato sulla dicotomia interessi legittimi/diritti soggettivi, non essendo dato rinvenire, in relazione alle concessioni di servizi, alcuna norma di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sui profili esecutivi del rapporto.