Capo della Stasi per quarant’anni, depositario di segreti indicibili, muore a 83 anni il 9 novembre 2006, nel diciassettesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, ma la sua memoria resta indelebile per tutti gli operatori di intelligence e gli estimatori della materia
La guerra di spie ritorna d’attualità – perché il mondo è segnato dal caos, da una deriva vorticosa di conflittualità circolare che avvolge nazioni e aree geopolitiche – riportando in auge gli apparati d’intelligence e gli uomini “in grigio” che ne fanno parte, il cui volto rimane perlopiù nascosto. Ma talvolta quel volto si scopre, magari molti anni dopo che le loro imprese residuano come rapporti sbiaditi dimenticati negli archivi di Stato. E allora vengono alla luce frammenti di verità su eventi cruciali che hanno condizionato il corso delle età precedenti. E allora veniamo a conoscere personaggi inquietanti e fascinosi che quegli eventi hanno contribuito a forgiare, pur rimanendo nell’ombra. Una di queste figure, vera e propria icona della Guerra Fredda, è “l’uomo senza volto”, alias Markus Wolf, capo indiscusso della Stasi della repubblica democratica tedesca. La sua memoria non merita di finire nell’oblio, giacchè da quella straordinaria vicenda umana, professionale ed esistenziale (amico o nemico che lo si voglia considerare) è possibile trarne insegnamenti anche per il drammatico oggi.
Tutto ha origine con la divisione dell’Europa intervenuta alla fine della seconda guerra mondiale, come racconta Domenico Vecchioni, diplomatico di lungo corso: “I servizi segreti occidentali si riorganizzano per far fronte a una nuova minaccia, quella dell’amico e alleato di ieri: l’Unione Sovietica. È Berlino, in particolare, a diventare in breve tempo la capitale delle spie, dove gli agenti della Germania Federale e quelli della Germania Democratica si affrontano senza esclusione di colpi, così come quelli americani, britannici, francesi, sovietici, ecc. Chi può dimenticare il mitico “Checkpoint Charlie?”. I Servizi di Bonn vengono affidati a un esperto ex generale della Wehrmacht, Reinhard Gehlen. Il suo diretto antagonista sarà una spia d’eccezione, uno 007 destinato a diventare una leggenda nel mondo dello spionaggio: Markus Wolf, conosciuto come ‘l’uomo senza volto’, Mischa per gli amici. Nato nel 1923 nel Bade-Wurtemberg, ebreo, Wolf segue la famiglia che si rifugia in Unione Sovietica all’avvento di Hitler al potere nel 1933 per evitare le persecuzioni antisemite. Mischa cresce quindi a Mosca, studia nelle Università sovietiche e allo scoppio della guerra integra i ranghi dell’Armata rossa.
L’URSS s’installa nella Germania Democratica e vi rimane per più di quarant’anni. Nella sua opera di controllo del territorio e di ‘sovietizzazione’ del Paese, Mosca va a caccia degli agenti più fidati ed efficaci. Wolf sembra proprio la persona adatta da mettere a capo dei Servizi di spionaggio e controspionaggio della STASI (Ministero per la Sicurezza, la polizia politica). L’organizzazione ha due compiti principali: all’interno, controllare da vicino i cittadini, individuare gli elementi ostili al regime e spiare persone potenzialmente pericolose (artisti, giornalisti, dirigenti).
All’esterno, ha il compito di attivare un’infiltrazione senza precedenti negli apparati più significativi della Repubblica Federale non solo per conoscere in anticipo le mosse di Bonn e del mondo libero, ma anche per influenzarle in vista di concessioni e cedimenti nei confronti dei Paesi socialisti. Infiltrazione che viene condotta con tecniche e metodi innovativi: perfetta mimetizzazione all’interno del fronte nemico. Come dimenticare le “spie in sonno”, che tanti guasti hanno causato al sistema di sicurezza tedesco e della Nato come nel caso di Gunter Guillaume, il più stretto collaboratore di Willy Brandt, Sindaco di Berlino e poi Cancelliere federale. Guillaume è riuscito a trasmettere alla STASI notizie di rilevanza politica, strategica e militare: accompagnava il Cancelliere tedesco a tutte le riunioni internazionali, ma addirittura gli preparava la documentazione e i dossier riservati.
La stella di Mischa comincia a declinare nel 1983. Wolf lascia l’incarico e si ritrova tra gli avversari di Honecker, l’ultimo presidente della Germania democratica. Dichiara apertamente di appoggiare
le politiche di trasparenza e di riforme di Gorbaciov. Si sta forse preparando a uno spettacolare riciclaggio in un nuovo regime? La riunificazione delle due Germanie non gliene darà la possibilità.
A riepilogare efficacemente l’ultima fase della vita de “l’uomo senza volto” è sempre Domenci Vecchioni: “Si rifugia allora prima a Mosca, dove era cresciuto, e poi in Austria. Infine, alla caduta dell’Unione Sovietica nel 1991, si arrende alla giustizia tedesca. Nel 1993 il tribunale di Dusseldorf lo condanna a sei anni di reclusione con l’accusa di tradimento, pena che non sconterà perché la Corte costituzionale tedesca annullerà tutti procedimenti avviati contro centinaia di agenti degli ex-Servizi segreti della RDT… Nel 1997 tuttavia è condannato a due anni di reclusione, con la condizionale, perché ritenuto responsabile di alcuni sequestri di persona durante la guerra fredda.
Dopo la sua ‘messa a riposo’, Mischa si guadagnerà da vivere tenendo conferenze sullo spionaggio e scrivendo, oltre alle proprie memorie, persino un libro sulla cucina russa… Muore a 83 anni, il 9 novembre 2006, nel diciassettesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. Se ne va in silenzio, senza avere mai svelato i suoi impenetrabili segreti”.