Modificare internamente la propria casa o il proprio appartamento con lavori che intervengano sulla redistribuzione degli spazi (demolizione tramezzi, creazione di nuovi ambienti, ecc.) non è un’impresa facile, almeno sotto il profilo amministrativo. Molto dipende dal Comune in cui si attui l’operazione. In effetti, cambiano, a seconda della località, le richieste di autorizzazione da inoltrare: i così detti titoli abilitativi. In alcuni casi è sufficiente una mera “comunicazione d’inizio lavori” asseverata (Cila), mentre in altre realtà occorrerà una “segnalazione certificata d’inizio attività (Scia), più onerosa della precedente. Il nocciolo del problema sta nelle diverse interpretazioni che gli uffici comunali danno del Testo unico in materia di edilizia (Dpr n. 380/2001), poi trasposte nei regolamenti locali. Il risultato è che, per cittadini e tecnici, resta in piedi una babele di norme locali che disorienta e affligge. C’è da segnalare tuttavia – come opportunamente fa notare Giuseppe Latour sul Sole24 Ore, richiamando Cesare Galbiati, consigliere nazionale dei geometri – che dopo il Dlgs 222 del 2016, il cosiddetto “Scia 2”, si sono sicuramente ridotte le interpretazioni diversificate e che il glossario recente per l’edilizia libera ha già risolto alcune questioni. In vigore dal 22 aprile scorso, il glossario elenca i lavori che si possono realizzare senza permesso. “Restano, però, ancora alcune questioni aperte, a dimostrazione – afferma Galbiati – dell’utilità del lavoro svolto finora e della necessità di completamento dei glossari”.
Sono, infatti, in preparazione almeno altri due elenchi: uno per gli interventi in Scia e l’altro per quelli da autorizzare tramite permesso di costruire. L’obiettivo è realizzare un’ulteriore semplificazione, poiché sono ancora frequenti le situazioni nelle quali i tecnici ricevono richieste diverse a seconda del Comune. In altre parole, si potrebbe dire: Comune che vai, titolo edilizio che trovi. Molteplici gli esempi in tal senso. Uno molto frequente riguarda l’ampliamento di box auto, contenuto entro limiti dimensionali che consentano di considerarlo una pertinenza. Anche qui fioccano interpretazioni diverse. Qualche Comune chiede il permesso di costruire, perché classifica l’intervento come un ampliamento che altera la sagoma. Altri chiedono, invece, solo la Cila, considerando la modesta entità e il rapporto di pertinenza con il fabbricato principale. Un ruolo rilevante – sottolinea Galbiati – lo giocano anche le ragioni di finanza pubblica. Autorizzazioni più complesse sono legate, infatti, a oneri maggiori a beneficio dei Comuni.