Un’impresa deve essere qualificata come “fornitore di un servizio postale”, quando essa svolge almeno uno dei servizi (raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione) e il servizio o i servizi così svolti riguardano un invio postale, non dovendo tuttavia la sua attività essere limitata unicamente al servizio di trasporto. Ne consegue che le imprese di autotrasporto, di spedizione o di corriere espresso che forniscono servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali costituiscono, salvo nel caso in cui la loro attività sia limitata al trasporto degli invii postali, fornitori di servizi postali. Inoltre, benché sia possibile operare una distinzione fra il servizio universale e il servizio di corriere espresso, basata sulla sussistenza o meno di un valore aggiunto apportato dal servizio e sulla presenza nel primo caso di incisivi obblighi di servizio a tutela della generalità dei cives o degli utenti avendo il servizio universale la funzione di garantire i livelli da garantire con il “servizio universale”, ovvero la definizione quantitativa e qualitativa dell’offerta di cui devono godere tutti i cittadini (a condizioni geograficamente ed economicamente accessibili si tratta della c.d. rete postale pubblica), occorre constatare che un simile criterio di differenziazione è del tutto privo di rilevanza quanto alla natura dei servizi elencati all’articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67, sicché tanto il servizio universale quanto il servizio di corriere espresso costituiscono « servizi postali », ai sensi della disciplina europea e nazionale (1).
Il Collegio osserva che il sistema dei servizi si presenta come ambito dominato (quantitativamente) dall’iniziativa privata ma con una stretta interessenza con il pubblico, con una inestricabile commistione delle spinte imprenditoriali verso innovazione e competitività (da una parte) e delle esigenze pubbliche volte a colmare le asimmetrie informative, la disparità di potere contrattuale e gli squilibri sociali e territoriali.
Non si può immaginare il sistema economico dei servizi senza il motore dell’iniziativa privata ma neanche senza il timone di comando dello Stato e della pubblica amministrazione.
Vi è, naturalmente, la tradizionale distinzione tra funzione pubblica e servizi, considerando questi ultimi come principale punto di riferimento della persona.
Questione centrale anche nella prospettiva costituzionale dell’uguaglianza sostanziale e della solidarietà.
Dal punto di vista del diritto UE, fondamentale è il riferimento all’art. 14 TFUE, a dimostrazione del rilievo dei servizi di interesse economico generale, ai quali si assegna il compito di promozione, coesione sociale e territoriale
Previsione che detta in chiave positiva quanto previsto dall’art.106 dello stesso TFUE, ovvero la possibilità di sottrarre alle regole della concorrenza alcuni “servizi” (alla persona e alla collettività) che debbono essere (in tutto o in parte) esclusi dalle logiche del mercato o che possono essere variamente conformati, per la prevalenza della missione di interesse sociale in essi insita.
Il “nuovo” art.14 TFUE realizza perciò, storicamente, un riequilibrio tra i due poli fondamentali, riportando in primo piano il valore sociale delle prestazioni e la natura oggettivamente pubblica dei servizi economici di interesse generale.
Occorre prestare molta attenzione anche per al profilo contrattuale e dell’utente, secondo un’analisi che rimane di stretto diritto positivo, sebbene ancorata alle richiamate basi costituzionali (interne ed eurounitarie).
I servizi pubblici dunque come garanzia delle libertà della persona, secondo la fondamentale ispirazione costituzionale e nel contesto della massima realizzazione dei diritti sociali.
Un cambio di prospettiva che occorre ben considerare si realizza alla fine del XX secolo; avanza l’idea che alcune prestazioni e servizi — nonostante i marcati profili pubblicistici che le caratterizzano — possano essere erogati dai privati, conservando la garanzia dell’utilità pubblico-sociale.
Il riferimento è soprattutto all’art.41, comma 3, Cost., che prevede programmi e controlli pubblici volti a “indirizzare” le attività economiche a fini sociali
Impostazione che, in parte, coincide con quella seguita dall’ordinamento UE, dove si muove dal carattere presuntivamente “economico” dei servizi di interesse generale, con possibili deroghe al regime concorrenziale, in relazione alla specifica missione ad essi affidata
Gli articoli 106 e 14 TFUE ruotano (in senso diverso) su due poli attorno ai quali si articola il tema: il valore sociale della prestazione e il carattere economico delle attività.
In questa dialettica si pone la questione sul ruolo del mercato e della pubblica amministrazione nell’erogazione dei “servizi pubblici” mai dimentica del riferimento al valore sociale della prestazione.
Vi è poi la figura dei “servizi pubblici essenziali” definita nella disciplina sullo sciopero e prevista dalla stessa Costituzione.
Nel caso dei fornitori di servizi postali scontata la loro natura di imprese non qualificabili come servizio universale deve rilevarsi che si tratta di prestazioni
che sono senz’altro conformabili nel senso voluto dall’Autorità – dotata sul punto dalla legge , per la sua posizione istituzionale, di poteri generali ed impliciti finalizzati alla protezione degli utenti (cfr. in tal senso Consiglio di Stato sez. VI 14 dicembre 2020 n. 7972, 20 marzo 2015 n. 1532 e 4 febbraio 2020 n. 879) – nel caso in cui le imprese svolgano attività produttive che, per quanto siano caratterizzate da una contrattualistica sul modello business to business, sono senza dubbio orientate a raggiungere un consumatore finale i cui interessi rischiano di essere pretermessi proprio dal modello contrattuale prescelto.
In definitiva, se è vero che i servizi di corriere espresso sono di regola utilizzati da utenti professionali, in qualità di mittenti, ciò non può comportare una deminutio per i destinatari che sono i beneficiari ultimi del servizio. Peraltro, è sempre più diffuso il ricorso diretto degli utenti agli stessi servizi in questione, con la conseguente definitiva conferma della esigenza di estendere le previste garanzie.
I corollari che ne se fanno derivare sono gli interventi normativi nazionali per apportare una regolamentazione delle attività poste in essere dagli operatori del mercato dei servizi di corriere. Interventi che si sono accentuati visto l’impatto che questo tipo di attività hanno avuto nell’ambito del commercio, non solo più fisico ma anche (soprattutto) virtuale. Questo impatto emerge sia dal punto di vista economico, in considerazione del mercato dei prodotti e delle filiere imprenditoriali coinvolte, sia in ordine al bacino di utenti fisici che, in qualità di consumatori finali, usufruiscono inevitabilmente delle attività di tali operatori di servizi di corriere. In tale contesto si colloca la disciplina volta a ripartire e regolare la competenza tra le Autorità e l’assegnazione di compiti di regolazione e controllo, opera trasfusa in interventi normativi che hanno incentrato sull’Autorità odierna appellata rilevanti funzioni, in specie a fini di tutela degli utenti e dei consumatori, in termini pienamente logici, in particolare per l’evidente asimmetria informativa che caratterizza le operazioni commerciali elettroniche.
L’asimmetria, come è stato evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, deriva dalla complessità caratterizzante queste operazioni, le quali importano rapporti negoziali tra operatori commerciali di cui il consumatore medio non è a conoscenza, con conseguente inevitabile impatto sul quadro di tutela degli utenti e dei consumatori stessi. Ed in tale contesto trova piena e logica attuazione il ruolo dell’Autorità e della relativa regolamentazione.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it