In 180 hanno denunciato le minacce subìte da gennaio a giugno 2016 e già 15 sono i sindaci che hanno subìto atti intimidatori nei primi tre mesi del 2017. Ma secondo l’Associazione nazionale Comuni italiani gli amministratori locali che convivono con violenze e paure sono molti di più di quelli registrati dai dati. Ma per l’Anci il fenomeno è ancora maggiore, ma in molti tacciono e si dimettono.
“Alziamo gli scudi attorno ai sindaci perché la paura non allontani dalla partecipazione politica”. A dirlo è il deputato Pd Davide Mattiello, relatore della proposta di legge n.3891 alla Camera che contiene le Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al testo unico del per tutelare i sindaci e gli amministratori locali minacciati e che è già stata approvata dal Senato nel giugno 2016. “Ci facciamo carico della situazione allarmante da anni denunciata da Avviso Pubblico e ANCI – spiega Mattiello -: circa 500 attentati di varia natura ogni anno, danno la misura di un conflitto che sul territorio coinvolge troppo spesso chi viene percepito come la “faccia” più prossima dello Stato, gli amministratori locali appunto.
La conseguenza più grave è che soprattutto nei centri più piccoli, che sono i vasi capillari della Repubblica, le persone per bene si allontanino sempre più dalla partecipazione politica, rinunciando a competere per assumere ruoli istituzionali. Una prospettiva infausta che non può che premiare le mafie, la corruzione e alimentare la disgregazione sociale. Certo non basta la leva penale per arginare questa deriva, serve anche una maggiore disponibilità economica per retribuire dignitosamente chi si assume questi incarichi e per realizzare politiche sociali utili ad emancipare dal bisogno. Auspico il voto finale entro giovedì”.
Il provvedimento in esame – approvato dal Senato l’8 giugno 2016 e non modificato dalla Commissione di merito – intende, in particolare, rafforzare gli strumenti penali contro le intimidazioni ai danni degli amministratori locali, che negli ultimi anni hanno assunto dimensioni preoccupanti. La proposta di legge, composta di sei articoli, ha origine dal lavoro svolto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni ai danni degli amministratori locali che, istituita al Senato il 3 ottobre 2013, ha terminato i suoi lavori il 26 febbraio 2015 con l’approvazione all’unanimità di una relazione finale. Pur manifestandosi con diverse modalità (la citata relazione riferisce di aggressioni, minacce via email, via telefono o sui social network, danneggiamenti, fino al recapito o ritrovamento di proiettili o carcasse di animali), tale illecito ha in comune la qualità soggettiva della vittima nel suo ruolo di amministratore locale. Si tratta sostanzialmente di atti che, volti a intimidire l’amministratore prevalentemente in relazione all’integrità della sua persona e dei suoi beni, minacciano, nel contempo, il buon andamento della pubblica amministrazione.
Nella prassi, dall’assenza di un reato ad hoc è derivato che le intimidazioni venissero perseguite in relazione a fattispecie illecite poste a tutela di beni individuali, senza considerare adeguatamente la plurioffensività di tali condotte.
Si legge nella citata relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni ai danni degli amministratori locali che “i reati normalmente contestati sono, a seconda della modalita` di commissione del fatto, i delitti di lesioni personali (articolo 582 c.p.), di ingiuria (articolo 594 c.p.), di diffamazione (articolo 595 c.p.), di violenza privata (articolo 610 c.p.), di minaccia (articolo 612 c.p.), di danneggiamento (articolo 635 c.p.), ovvero tutti illeciti che prevedono l’irrogazione di una sanzione penale in forza di una condotta che offenda beni di cui e`titolare il singolo amministratore e, in particolare, l’incolumità individuale, l’onore, la libertà morale o il patrimonio. In casi piu` delicati, risultano recentemente contestati i delitti di atti persecutori (articolo 612– bis c.p.) o quello di estorsione (articolo 629 c.p.). In casi rari, infine, i fatti sono stati qualificati come violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (articolo 336 c.p.), mediante quello che sembra essere un tentativo di cogliere il reale disvalore della condotta”.