Negli ultimi otto anni in Italia si sono perse quasi 158.000 imprese attive tra botteghe e piccoli negozi. Di queste, oltre 145.000 operavano nell’artigianato e poco più di 12.000 nel commercio al dettaglio. In questi ultimi anni dove non è arrivato l’assalto dei centri commerciali a colpire è stata la crisi economica, tanto che le botteghe e i negozietti di vicinato sono ormai una rarità. A questo proposito la Cgia di Mestre calcola che a seguito di queste chiusure abbiano perso il lavoro 400.000 addetti. Le cause sono da ricercare nel calo dei consumi dovuto appunto alla contrazione dei redditi, alle tasse, alla burocrazia, alla mancanza di credito e all’aumento sproporzionato degli affitti.
“Molti piccoli imprenditori sono stati costretti ad abbassare definitivamente la saracinesca del proprio negozio a causa di tutti questi fattori – ha detto il coordinatore dell’Ufficio studi degli artigiani di Mestre, Paolo Zabeo. Se, inoltre, teniamo conto che negli ultimi 15 anni le politiche commerciali della grande distribuzione si sono fatte sempre più mirate ed aggressive, per molti artigiani e piccoli negozianti non c’è stata via di scampo. L’unica soluzione è stata quella di gettare definitivamente la spugna”.
Tra il giugno di quest’anno e lo stesso mese del 2016 il commercio al dettaglio è sceso di 25.604 unità (-1,2%). Dal 2009 ad oggi il numero complessivo delle attività artigianali è costantemente sceso passando da 1.463.318 a 1.322.640. Le categorie artigiane che da otto anni a questa parte hanno subito le contrazioni più importanti sono state quelle degli autotrasportatori (-30%), dei falegnami (-27,7%), degli edili (-27,6%) e dei produttori di mobili (-23,8%). In controtendenza, invece, il numero di parrucchieri e di estetiste (+2,4%), gli alimentaristi (+2,8%), i tassisti/autonoleggiatori (+6,6%), le gelaterie/pasticcerie/ punti vendita per alimenti da asporto (+16,6%), i designer (+44,8%) e i manutentori/installatori di macchine (+58%).