Lo descrive così il Rapporto regionale 2016, con tre quarti delle 437.000 imprese del territorio che hanno un sito aziendale e quasi la metà usufruiscono del commercio on-line.
Sono percentuali superiori alla media nazionale, destinate a crescere ulteriormente visti gli obiettivi dell’Agenzia digitale, tesa a portare la banda ultralarga ad almeno l’85% della popolazione entro il 2020, investendo quasi 400 milioni di euro tra fondi nazionali e comunitari.
Gli esempi di interconnessione digitale non mancano, basti pensare alla sanità a chilometri zero con ricette e prenotazioni digitali, la trasmissione dei referti via internet, il teleconsulto tra medici e, a breve, la possibilità di prenotare le visite specialistiche direttamente dal medico di base.
Se c’è connessione, è più facile anche l’innovazione nelle aziende, come dimostrano alcuni dati di tutto rispetto: il numero delle start up innovative (380 sul territorio regionale) è aumentato del 5% nell’ultimo anno. “La rete aiuta la competitività delle imprese e i processi di aggregazione”, si legge nell’ultimo Report, che mette sotto la lente d’ingrandimento le reti di impresa, con oltre 800 unità produttive coinvolte e l’esperienza dei 17 distretti industriali, che rappresentano il 16% delle aziende locali.
Quello veneto sta diventando un territorio diffusamente metropolitano, con il 40, 3% della popolazione concentrato tra Venezia, Treviso, Padova, Vicenza e Verona; 2,5 milioni di persone che quotidianamente si spostano per studio o per lavoro, ma che proprio per questo sconta problemi come pendolarismo, disagio abitativo, traffico e inquinamento atmosferico. Ed un altro dato da considerare con attenzione è costituito dall’andamento demografico.
Per la prima volta dal 1960 infatti, gli abitanti diminuiscono perché, se è pur vero che i residenti superano quota 4,9 milioni, balza agli occhi che nel giro di un anno sono calati di 12.000 unità.
“E’ come se si fossero persi tre comuni – osserva la direttrice del sistema statistico regionale, Maria Teresa Coronella”. Nel corso degli anni non era mai successo che la flessione della natalità non venisse compensata dai flussi migratori, anche perché la fecondità delle donne straniere comincia a ricalcare le orme di quella delle donne italiane, scendendo in sei anni da 2,71 a 2,08 figli di media.
Ad aumentare sono invece i decessi (nel 2015 record tra gli over 80 per l’epidemia influenzale e l’emergenza caldo), nonché le emigrazioni (in un triennio 11.000 giovani si sono trasferiti all’estero, tanto che dall’inizio della crisi economica gli under 34 partiti sono aumentati del 44%).
E gli anziani che restano si impoveriscono, visto che la metà degli assegni pensionistici non arriva a 1.000 euro. Va meglio sul fronte dell’economia, con il Pil che sale dell’1%, la disoccupazione che si ferma al 24,7%, le esportazioni che crescono del 5,3% ed il tasso di occupazione che supera di sette punti percentuali la media nazionale.