La pronuncia 7752/2019 della quinta sezione del Consiglio di Stato è incentrata sull’illegittimità dell’affidamento diretto dei servizi ambientali ad una società in house pluripartecipata, per insussistenza dei requisiti legittimanti tale modalità di affidamento.
In particolare è’ illegittimo, secondo i giudici di Palazzo Spada, l’affidamento diretto ad opera di un comune del servizio relativo alla gestione dei rifiuti solidi urbani e dei servizi complementari in “house providing” ad una società da esso partecipata, insieme ad altri comuni della Provincia, per mancanza dei requisiti necessari per l’affidamento del servizio secondo il modello dell’in house: il controllo analogo e la prevalenza dell’attività nei confronti dei medesimi enti pubblici partecipanti. Riguardo all’insussistenza, nel caso di specie, del requisito del c.d. controllo analogo, infatti, la partecipazione da parte di una società “in house” ad altra società holding a capo di un gruppo societario formato da numerose società operative prevalentemente attive sul mercato libero in tutto il territorio nazionale, implica che alla stessa società “in house” si estenda, a ritroso, la vocazione commerciale della partecipata, in tal modo “contagiando” la natura della società “in house”, che da entità strumentale dei soci diviene pure operatore di mercato (e come tale dotata di un’autonomia e vocazione imprenditoriale incompatibile con l’essere qualificabile come braccio operativo delle amministrazioni socie).
Riguardo poi al requisito dello svolgimento della parte più importante dell’attività in favore degli enti soci ed affidanti, ovvero della soglia massima di fatturato (20%) conseguibile da soggetti terzi non soci al di fuori dei compiti affidati dagli enti soci, l’anzidetta partecipazione nel gruppo societario attivo in prevalenza sul mercato, comporta che si debba tener conto, pro quota, del fatturato del gruppo societario partecipato. Posto dunque, nel caso di specie, che il fatturato della controllata è superiore a quello della controllante , e che in particolare metà del primo deriva da attività di carattere commerciale, deve dunque escludersi che la società controinteressata rispetti il limite imposto dalla legge del 20% per attività non a favore dei soci pubblici partecipanti.