Con una ordinanza il Giudice di pace di Sondrio ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall’art. 23-bis del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), introdotto, in sede di conversione, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, «nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente».
Sulla stessa norma il Tribunale ordinario di Padova, seconda sezione civile, ha sollevato analoga questione di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 8, cod. strada, come modificato dall’art. 23-bis del d.l. n. 113 del 2018, come convertito, nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente a carico del custode di un mezzo sequestrato che circoli abusivamente con il medesimo o, comunque, consenta che altri vi circolino abusivamente. Lamentando in particolare la disposizione censurata, nella parte in cui prevede che debba essere necessariamente irrogata la sanzione amministrativa accessoria della revoca, senza che sia prevista la possibilità di modulare in maniera congrua e attinente alla singola fattispecie, eventualmente applicando, in luogo della revoca, anche la mera sospensione della patente.
La Corte Costituzionale, nel ritenere entrambi i ricorsi riuniti ammissibili, ripercorre, per grandi linee, l’evoluzione normativa dell’art. 213 cod. strada, per arrivare al decreto sicurezza del 2018 (d.l. n. 113 del 2018, come convertito) con cui il trattamento sanzionatorio della violazione del codice della strada subisce un forte inasprimento. Infatti, l’art. 23-bis di tale decreto ha sostituito l’intero art. 213 cod. strada, facendo confluire nel comma 8 la violazione amministrativa prima sanzionata al comma 4 e apportandovi, al contempo, sostanziali modifiche. Inoltre, ed è ciò che in questa sede più rileva, in sostituzione della sanzione accessoria della sospensione del titolo abilitativo alla guida da uno a tre mesi, il legislatore ha contemplato quella, parimenti accessoria, della revoca della patente.
Ora, per un verso sostiene la Corte, rigettando la prima questione di illegittimità costituzionale, la circostanza che il legislatore abbia ricompreso, nel complessivo trattamento sanzionatorio dell’illecito amministrativo in esame, anche una sanzione accessoria, oltre quella principale, risponde ad una non irragionevole scelta, riconducibile a valutazioni di politica sanzionatoria che sfuggono al sindacato di legittimità costituzionale.
Per altro verso, però, dichiara censurabile, nella fattispecie in esame, la scelta del legislatore di applicare, sempre e comunque, tale sanzione accessoria, stante che la previsione di un indifferenziato automatismo della revoca della patente, che si aggiunge alla sanzione pecuniaria principale quale che sia la gravità del fatto, dà luogo ad un trattamento sanzionatorio uniforme per qualsivoglia condotta di messa in circolazione di un veicolo assoggettato al vincolo del sequestro, in ragione di una precedente violazione dello stesso codice.
Per questi motivi dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 213, comma 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall’art. 23-bis del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 introdotto, in sede di conversione, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, nella parte in cui dispone che «Si applica», anziché «Può essere applicata», la sanzione accessoria della revoca della patente.
Fonte: Corte Costituzionale