Nel cuore di Roma, a due passi da Piazza Navona e Campo de’ Fiori, nel rione Parione sulla linea di confine con il rione Ponte, si trova la Chiesa Nuova, che dà il nome all’omonima piazza nella quale è situata. Nonostante l’edificio abbia ormai più di quattro secoli, questo appellativo le deriva dal fatto che la chiesa venne fatta erigere da San Filippo Neri al posto di Santa Maria in Vallicella, una vecchia chiesa medioevale che a causa delle alluvioni stava ormai sprofondando nel terreno, incorporandone, in verità, anche altre due: Santa Elisabetta a Pozzo Bianco e Santa Cecilia a Monte Giordano.
L’imponente facciata, completata nel 1605, fu progettata da Fausto Rughesi mentre gli interni di questa nuova chiesa, progettata con pianta a croce latina a tre navate, possono vantare, oltre alle spoglie di San Filippo Neri, opere di artisti come Rubens, Caravaggio, Guido Reni, Pietro da Cortona e Carlo Maratta.
Proprio uno di questi dipinti rappresenta una particolarità unica: si tratta del pezzo centrale dell’opera del celebre pittore fiammingo Pieter Paul Rubens “Angeli adoranti la Madonna Vallicelliana”, un dipinto ad olio su tavola di ardesia (425×250 cm) risalente al 1608.
Tale dipinto, infatti, ospita al suo interno, proprio al centro della pala dell’altare, un’antica immagine miracolosa della Madonna, la “Madonna Vallicelliana”, alla quale la chiesa è dedicata. Si tratta di un’icona ad affresco trecentesca, in origine collocata all’esterno di una “stufa”, o bagno pubblico. Si racconta che nel 1535 l’immagine, essendo stata colpita con un sasso, avesse sanguinato e fosse per questo divenuta oggetto di culto. Nel 1574 l’affresco, per poter essere protetto, era stato quindi staccato, affidato al rettore della chiesa della Vallicella e conservato nella sacrestia per poi essere in seguito ricollocato prima nella cappella destra, poi nella cappella sinistra ed infine, nel 1608, sull’altare maggiore della Chiesa Nuova.
Intorno alla nicchia che ospita l’immagine, si posizionano cerchi concentrici di angeli e cherubini adoranti, mentre una lastra di rame, sulla quale venne dipinta dallo stesso Rubens una “Madonna e bambino benedicente”, riproduce e protegge l’icona sacra sottostante, ed è sollevabile per mezzo di un meccanismo di pulegge e corde appositamente progettato dall’artista fiammingo.
L’immagine della Madonna, quindi, sparisce e ricompare come per incanto.
Il fatto è davvero singolare: una volta terminata la messa prefestiva del sabato sera, il sacrestano, grazie ad un telecomando, scambia l’immagine centrale del dipinto di Rubens, presente tutta la settimana, con la miracolosa icona trecentesca della Vergine Maria situata al di sotto, che rimane così visibile solo per quella sera e, a dire il vero, in occasione delle principali festività, inclusa, naturalmente, quella di San Filippo Neri che ricorre il 26 maggio.
Si narra, inoltre, che la Madonna abbia compiuto un secondo miracolo. Nel 1557, infatti, mentre la chiesa era in demolizione, il dipinto della Vergine sostenne una parte del tetto che rischiava di crollare sui fedeli che assistevano alla Santa Messa.
Davvero una storia particolare, nel cuore di una città che sa offrire luoghi bellissimi, alcuni dei quali spesso sconosciuti alla maggior parte dei turisti e dei suoi stessi abitanti, che raccontano storie uniche, a testimonianza di un tempo in cui l’arte veniva non soltanto realizzata con incredibile maestrìa, ma anche accuratamente preservata e grazie alla quale, ancora oggi, chiunque di noi può godere della sua incomparabile bellezza.