Con la sentenza 1377/2019 i giudici della prima sezione del Tribunale amministrativo di Milano hanno raggiunto una rilevante conclusione: il Comune può promuovere un reclamo di fronte all’Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente).
Secondo i giudici amministrativi meneghini, infatti, il comune è legittimato a promuovere un reclamo innanzi all’Arera, rivestendo le caratteristiche – in base ai criteri indicati da Arera con la delibera 188/2012/E/com – di operatore che agisce contro un gestore di un sistema di trasmissione, di trasporto, di stoccaggio, di un sistema GNL o di distribuzione. La natura di ente esponenziale legittima il Comune a ricorrere in sede giurisdizionale contro atti che si assumono lesivi di situazioni sostanziali che si ricollegano alle funzioni ed alla posizione istituzionale del Comune quale Ente pubblico territoriale, e pertanto, ogniqualvolta l’illegittimità dell’atto si traduca concretamente in un pregiudizio o in una perdita di utilità riferibili al Comune, sia come Ente amministrativo, sia come Ente esponenziale.
Nella vicenda in sentenza, il Comune non ha acquistato energia per provvedere alle proprie esigenze, quale persona giuridica – come accadrebbe, invece, qualora il Comune acquistasse una fornitura di energia elettrica per illuminare i propri uffici amministrativi, ossia per un uso proprio -, ma, agendo come ente esponenziale, ha ottenuto la fornitura energia per garantire il servizio di illuminazione pubblica, servizio cui gode la collettività generale, trattandosi di un servizio pubblico indivisibile, di cui non è possibile godere uti singuli, sicché l’utente finale non è il Comune, ma la collettività di cui il Comune è ente esponenziale.
Il servizio di illuminazione pubblica rientra tra i servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, sicché soggiace all’art. 3 bis del D.L. 13/08/2011, n. 138 (conv. in l n. 148/2011), che prevede criteri di organizzazione, demandando espressamente “le funzioni di organizzazione degli stessi, di scelta della forma di gestione, di affidamento della gestione e relativo controllo agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei “.
In sostanza, concludono gli stessi giudici, il servizio pubblico di illuminazione non soddisfa un interesse del Comune come soggetto giuridico, ma la collettività di cui l’ente locale è esponenziale e, quindi, l’utente finale, da intendere in senso funzionale come colui nel cui interesse è effettuata la fornitura energetica, non coincide con il Comune, ma con la collettività che l’ente necessariamente rappresenta; del resto, proprio l’indivisibilità del servizio e la sua funzionalizzazione alla soddisfazione diretta di un interesse della collettività ne comporta il finanziamento non mediante il pagamento di un prezzo da parte di ciascun utente per la porzione di servizio a lui erogato, ma attraverso l’applicazione di una tariffa indistintamente a tutti i residenti del Comune, i quali, complessivamente intesi, beneficiano del servizio e ne sopportano i costi; tale dato oggettivo non è smentito dalla disciplina del d.l.vo n. 504/1995 – TU accise, concernendo gli adempimenti dei soggetti obbligati al pagamento delle accise e tale disciplina nulla dice rispetto all’individuazione dell’utente finale del servizio di illuminazione pubblica nel cui interesse è effettuata la fornitura di energia.