Non sono mancate critiche da una parte ed entusiastici consensi dall’altra al film-documentario “Il colore dell’erba” di Juliane Biasi, che in via sperimentale ha dato voce ad una storia dai tratti semplici, ma dalla progettualità difficile: rendere visibile l’invisibile. Se prendessimo in prestito l’espressione di Antoine Saint Exupery pronunciata dal piccolo principe, “L’essenziale è invisibile agli occhi”, saremmo vicini a comprendere il focus della pellicola. La regista del film Il colore dell’erba, si cimenta infatti in una fatica cinematografica assai particolare, dove il filo conduttore è l’adolescenza intesa come età sorprendente e per molti versi disorientante. Un periodo della vita in cui tutto viene messo in discussione e l’universo degli adulti da accogliente che era (durante l’infanzia) diventa inospitale se non addirittura incomprensibile. Fin qui niente di nuovo. Se non fosse che il movie si rivolge anche a un pubblico di non vedenti. Proprio così, e cieche dalla nascita sono anche le due protagoniste del film, Giorgia e Giona. Le emozioni, le paure e le sfide che la vita mette loro davanti sono tuttavia uguali a quelle che deve sostenere ogni loro coetanea. Uscire significa incontrare gli altri, come pure alterità è venire fuori da sè stessi. Così Giorgia e Giona arrivate da sole alla gelateria aperta in riva al lago cominciano ad affrontare il mondo con coraggio. L’avventura che le aspetta, anche se solo per il tempo di una passeggiata, cambia le regole del gioco e le due amiche scoprono di avere in loro stesse capacità e risorse fino ad allora sconosciute.
Presentata in anteprima a Torino il 18 gennaio, la pellicola verrà proiettata a febbraio nelle principali sale cinematografiche italiane. La particolarità dell’opera, che è quella di poter essere percepita anche da un pubblico di non vedenti la rende un caso unico nella storia del cinema (almeno negli intenti). “Il colore dell’erba” infatti si avvale d’innovativi effetti speciali dal punto di vista del suono per riproporre in modo onomatopeico il mondo non solo fisico, ma anche emotivo. Un film non solo da vedere, ma principalmente da sentire e da immaginare. “Fin dall’inizio – ha detto la regista – la mia idea è stata quella di girare un film che parlasse da solo e non avesse bisogno di una audiodescrizione, proprio per far entrare nell’atmosfera di ciò che le ragazze vivono anche come spettatori, ragazze che non vedono. E’ un documentario che abbiamo cercato di rendere proprio per questo il più sonoro possibile, per unire e far interagire tra loro vedenti e non vedenti, accomunati dalla percezione delle emozioni, per me un senso che racchiude tutti gli altri”. Il colore dell’erba è stato prodotto da Indyca e Kuraj, con il sostegno del Mibact, di Trentino Film Commission, Piemonte Doc Film Found e Rai 3 e con il patrocinio dell’Unione italiana cechi e ipovedenti.