Laddove sia possibile, si ci sforza quasi sempre di comprendere e capire, non di giudicare.
L’intenzione non è, quindi, quella di scagliarsi contro, né contro l’uomo né contro ciò che lui e la sua famiglia rappresentano.
Anche perché non ci è dato di conoscere tutti i retroscena ma, soprattutto, i comportamenti che hanno originato tanta debolezza e dipendenza, sino a sfociare nel grottesco.
Questa vicenda però, può divenire lo spunto per una riflessione più ampia, anche se i comportamenti, che più che lascivi e tesi all’effimero definirei infantili e fuori dalla realtà, si presterebbero a più facili battute.
Pertanto, nonostante la macchina del fango sia già in azione – un’azione inarrestabile – sarà più utile ed opportuno soffermarsi a capire ed a cogliere il momento nel quale un comportamento diviene inaccettabile.
Il punto di partenza della nostra indagine, quindi, prenderà le mosse dall’assunto secondo il quale un comportamento è da considerarsi morale in modo categorico (cioè senza possibilità di smentita) quando è universalizzabile, giusto in ogni momento e in ogni situazione umana.
La massima di Kant, nella Critica della ragion pratica, muove dal presupposto che esiste una legge morale pura e incondizionata che non si può dimostrare ma solo constatare.
Sempre Kant ci aiuta a capire meglio il caso in questione, enunciando i princìpi pratici soggettivi, cioè validi solo per singoli soggetti che li propongono.
Charles Taylor, filosofo della McGill University di Montreal, ritiene illusorio immaginare che il giusto possa prescindere dal riferimento al bene. Egli vede dunque, un primato del bene sul giusto, dove per bene non si intende l’utile, ma “tutto ciò che spicca sulle altre cose in virtù di una distinzione qualitativa”. La moralità non concerne solo obblighi e regole pubbliche, ma riguarda prima di tutto le distinzioni qualitative.
Ognuno a questo punto avrà, sicuramente, già maturato proprie idee sulla disavventura di Lapo ma la semplice constatazione degli eventi, che non deve lasciare spazio al cinismo delle monadi, deve però farci riflettere su cosa bisogna chiedere alla nostra classe dirigente, sia essa politica o imprenditoriale e sui comportamenti dai quali non possiamo e, più importante non vogliamo, derogare.