Nel 1978 Franco Battiato pubblica “L’Egitto prima delle sabbie”, album sperimentale di sole due tracce che gli farà vincere il Premio Stockhausen – e quasi fallire la Ricordi. Il titolo è ispirato da uno scritto del filosofo, mistico e musicista armeno Georges Ivanovic Gourdjieff in cui lo studioso afferma di essere entrato in possesso, in gioventù – fine ‘800 – di una misteriosa mappa sulla quale è vergata la geografia dell’Egitto prima di essere divorato dalle sabbie del Sahara. La scoperta induce Gourdjieff a recarsi nel Paese nordafricano e, mantenendosi come guida, studiare sul posto monumenti, necropoli e rovine attorno al Cairo per vagliare e rafforzare le proprie convinzioni filosofico-esoteriche collegate a certe correnti di pensiero allora in voga in mezza Europa.
Queste affondano le radici nel misticismo seicentesco di tipo rosacrociano ma si sviluppano con maggior vigore e consapevolezza nel XIX secolo, quando le potenze coloniali occupano stabilmente India, Nordafrica e Medioriente. Sarebbero riscontrabili – soprattutto in Egitto – le flebili tracce di una sapienza molto più antica delle varie civiltà conosciute, che potrebbe risalire agli atlantidei o agli iperborei e che si è in parte persa, in parte trasfusa nelle varie religioni e correnti di pensiero sparse successivamente per il globo. Non saprei pronunciarmi né sull’album di Battiato, né sulle teorie di Gourdjieff, né tantomeno sulle correnti esoteriche che percorsero certi ambienti europei tra XIX e metà XX secolo. Non rimango però indifferente al magnetismo che emanano alcuni luoghi del pianeta e fra questi non potrei non annoverare la piana di Giza e tutto il suo intorno, abitato con continuità da almeno 5.000 anni. Villaggi, insediamenti, caravanserragli hanno irrorato coi loro sogni, le loro emozioni e le loro speranze le distese aride che circondano questo piccolo tratto di Nilo in una sequela di giorni e di notti difficilmente riscontrabile altrove.
Risale al 3.000 a.C. la fondazione di Menfi – oggi a 15 km a sudovest dell’attuale Cairo – o comunque il trasferimento qui della capitale dell’Impero Egizio dopo l’unificazione di Alto e Basso Regno ad opera del faraone Menes. Era soprattutto una “posizione strategica” tra Alto e Basso Egitto, certo, e sufficientemente vicino alle grandi aree potenzialmente coltivabili del Delta ma non si scelse la zona più fertile e ricca del Paese. E’ l’edificazione della Necropoli di Giza dal 2.500 a.C. a consegnare definitivamente questo fazzoletto di terra alla Storia, qualunque avvenimento accada in seguito. Menfi decade con lo spostamento della capitale a Tebe e viene definitivamente abbandonata nel 300 a.C. con la fondazione di Alessandria sul Mediterraneo. Le tre piramidi di Cheope, Chefren e Micerino e la Sfinge ora sì, invasa dalle sabbie, assisteranno mute per tre secoli al solo passaggio di qualche carovana o imbarcazione sul Nilo che si spostano dal Delta alla Nubia sfruttando il grande fiume come via di comunicazione. Sarà una legione romana attorno al 30 a.C. a riportare una nuova comunità stanziale da queste parti fondando una guarnigione di fronte all’isolotto di Roda sulla sponda destra (est) del Nilo: la Fortezza Babilonia.
Sarà questo il nucleo primigenio della futura Cairo, sito che non verrà mai più abbandonato e che diverrà nei primi secoli del cristianesimo fulcro di una ricca comunità copta, le cui vestigia sono giunte sino a noi nonostante la successiva dominazione musulmana che comincerà nell’VIII secolo. Il nome attuale – Cairo – invece le fu dato da un generale fatimide di origini siciliane, Jawhar al-Siqilli, che la conquistò nel 969 d.C. e la ribattezzò in onore del pianeta Marte (al-Qahir, il vittorioso). Sono gli incroci della Storia, le stratificazioni culturali, le ambizioni di Re e Imperatori, i rovesci o le vittorie dei grandi generali a fare grandi le città. Il Cairo non si sottrae a questa regola e nel corso dei secoli, benché periferica rispetto ad altre realtà dell’Impero Ottomano (di cui divenne parte neI 1517), riuscì pian piano a cogliere le occasioni che il destino le offre, soprattutto dopo l’avvento della diretta influenza coloniale di Francia e Gran Bretagna nel XIX secolo.
I suoi dominatori musulmani non mancarono di dotarla di superbe architetture civili e militari e importanti istituzioni come l’Università di Al-Azhar ma la futura capitale dell’Egitto dovrà attendere il corpo di spedizione francese guidato da Napoleone Bonaparte nel 1798 per ritagliarsi un particolare ruolo di cerniera tra mondo arabo ed europeo. E qui ebbe la sua importanza più che la posizione geografica la straordinaria necropoli a 25 km dal suo centro, col magnetismo che promana dalla perfezione di quelle incredibili ed enigmatiche architetture e sculture concepite 45 secoli fa. Al seguito di Napoleone accorsero in Egitto numerosi archeologi e specialisti di altre discipline che oltre che a svolgere in soli due anni egregi studi, diedero l’impulso al resto d’Europa alla riscoperta dell’antica storia d’Egitto, con tutto il suo carico di fascino e simbolismo. L’apertura del Canale di Suez nel 1869 non fece altro che far aumentare esponenzialmente l’importanza strategica dell’intero Egitto nel quadrante afro-mediorientale e nelle rotte per l’Oceano Indiano e per conseguenza il rilevo politico ricoperto dal Cairo. Sarà qui che dopo la prima Guerra Mondiale verrà disegnato il futuro assetto del Medioriente e sarà da queste parti che verrà fermata la Wermacht nella sua decisiva avanzata verso Suez e di qui al petrolio araboiracheno.
A inizio XIX secolo la città contava meno di 200.000 abitanti che divennero mezzo milione all’alba del 1900 e 2,5 milioni a metà XX secolo, una crescita demografica significativa che le amministrazioni pseudocoloniali cercarono di governare con iniziative urbanistiche di stampo occidentale. Nei primi anni del ‘900 sorsero, per iniziativa di compagnie private europee, diversi quartieri residenziali come Heliopolis (sede oggi di numerose ambasciate e della residenza del Presidente della Repubblica), Garden City o Maadi che si contrappongono ai labirintici vicoli della vecchia Cairo musulmana, in alcune aree inclusa nel prestigioso elenco del Patrimonio Unesco. Oggi che la metropoli è evoluta in megalopoli con i 21 milioni di residenti della Grande Cairo in meno di 5.000 kmq (vedi alla voce Molise), purtroppo non sono pochi gli slums sorti a cintura dei quartieri otto-novecenteschi o anche a ridosso del centro storico, borgate carenti dei servizi più elementari e ribollenti di giovani disoccupati. Una di queste baraccopoli è Qarafa, detta anche la Città dei Morti perché costruita proprio nel sito del più grande cimitero musulmano cittadino. L’usanza di far compagnia ai morti e curare le tombe più importanti ha fatto sì che nel corso del XIX e XX secolo tutti gli spazi fra mausoleo e mausoleo siano stati saturati da casupole, palazzine e strade progettate e realizzate alla bell’è meglio in cui hanno trovato rifugio si dice oggi almeno 1 milione di persone.
La Grande Cairo del XXI secolo nonostante rappresenti la più grande conurbazione d’Africa e ospiti numerose compagnie e importanti istituzioni internazionali come la Lega Araba, si dibatte tra duecentomila nuovi arrivati ogni sei mesi, tre sole linee della metropolitana più una in costruzione, 250.000 taxi abusivi e 100.000 regolari, un traffico pazzesco di mezzi di ogni tipo, strade a cinque corsie terreno di battaglia di milioni di abitanti che malgrado tutto ogni giorno escono di casa per guadagnarsi il pane, almeno 25.000 morti all’anno per inquinamento, grattacieli avveniristici che la notte proiettano le loro accattivanti e fatue luci sul serafico corso millenario del Nilo, contraddizioni che si incontrano e sovrappongono a ogni crocicchio, migliaia di progetti alcuni dei quali faraonici come la Nuova Capitale da 5 milioni di abitanti che dovrà sorgere a est dell’attuale per decongestionare quella storica e tanta sabbia, sabbia color ocra, sabbia dappertutto, per le strade, fra le palme, fra i vicoli e i panni stesi nei palazzi e negli slums, fra le mani dei facchini e nei polmoni delle persone fino a che i freschi tramonti sul grande fiume odoroso di gelsomini non acquietano e mettono d’accordo tutti. La Grande Cairo è il risultato di alchemiche stratigrafie e giustapposizioni di pezzi di Storia, etnie, religioni, miserie, ricchezze, superstizioni, silenzi, cantilene, lingue, sogni e bramosie, in una galleria vecchia almeno quanto le Piramidi e la Sfinge; o forse, ancora più antica, rimanda a quando l’Egitto era davvero libero dalle sabbie.