Non può essere riconosciuta ai Comuni una potestà di deroga alla legislazione statale e regionale, nell’adozione del regolamento comunale, in violazione della disciplina statale dell’ISEE, così come prevista dal d.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sez. III, con la sentenza n. 6926 dell’11 novembre. Nel motivare la propria decisione il Consiglio ha ricordato che l’Indicatore ISEE costituisce lo strumento di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate. La determinazione e l’applicazione dell’indicatore ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m), Cost., fatte salve le competenze regionali in materia di normazione, programmazione e gestione delle politiche sociali e socio-sanitarie e ferme restando le prerogative dei comuni (Cons. Stato, sez. III, 23 luglio 2015, n. 3640).
Tra le predette prestazioni economiche agevolate, cui l’ISEE si riferisce, l’art. 1, comma 1, lett. e), d.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 richiama le «Prestazioni sociali agevolate» e la successiva lett. f) del DPCM annovera, tra le altre, le “Prestazioni agevolate di natura sociosanitaria”, definite quali “prestazioni sociali agevolate assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria rivolte a persone con disabilità e limitazioni dell’autonomia, ovvero interventi in favore di tali soggetti: 1) di sostegno e di aiuto domestico familiare finalizzati a favorire l’autonomia e la permanenza nel proprio domicilio; 2) di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali, incluse le prestazioni strumentali ed accessorie alla loro fruizione, rivolte a persone non assistibili a domicilio; 3) atti a favorire l’inserimento sociale, inclusi gli interventi di natura economica o di buoni spendibili per l’acquisto di servizi;”.
Successivamente, però, con decisioni nn. 838, 841 e 842 del 2016 la Sezione ha annullato le norme regolamentari del d.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, nella parte in cui computavano, nella definizione di reddito imponibile, anche voci aventi natura indennitaria o compensativa, erogate al fine di attenuare una situazione di svantaggio (indennità di accompagnamento o misure risarcitorie per inabilità che prescindono dal reddito).
A seguito e per effetto delle suindicate statuizioni il legislatore, con l’art. 2-sexies, comma 3, d.l. n. 42 del 2014, ha previsto che “Nelle more dell’adozione delle modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, volte a recepire le sentenze del Consiglio di Stato, sezione IV, nn. 00841, 00842 e 00838 del 2016, nel calcolo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del nucleo familiare che ha tra i suoi componenti persone con disabilità o non autosufficienti, come definite dall’allegato 3 al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, anche ai fini del riconoscimento di prestazioni scolastiche agevolate, sono apportate le seguenti modificazioni: a) sono esclusi dal reddito disponibile di cui all’articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini dell’IRPEF; b) in luogo di quanto previsto dall’articolo 4, comma 4, lettere b), c) e d), del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, è applicata la maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza di cui all’allegato 1 del predetto decreto n. 159 del 2013 per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente.
La novella ha riformato il d.P.C.M. n. 159 del 2013 non solo escludendo dal reddito disponibile di cui all’art. 5, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini dell’IRPEF, ma pure imponendo di effettuare tale intervento entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto con l’adozione degli atti anche normativi necessari all’erogazione delle nuove prestazioni in conformità con le disposizioni della nuova disciplina.
La disposizione prevede l’emanazione, da parte degli enti che disciplinano l’erogazione delle prestazioni sociali agevolate, entro 30 giorni dalla data di conversione del decreto, degli atti necessari all’erogazione delle nuove prestazioni previste dalle nuove norme, nel rispetto degli equilibri di bilancio programmati. Vengono fatte salve, fino alla predetta data, le prestazioni sociali agevolate in corso di erogazione calcolate sulla base delle disposizioni del d.P.C.M. n. 159 del 2013” (così, testualmente Cons. Stato, sez. III, n. 6371 del 2018).
La Sezione ha in più occasioni ribadito che “l’ISEE resta, dunque, l’indefettibile strumento di calcolo della capacità contributiva dei privati e deve scandire le condizioni e la proporzione di accesso alle prestazioni agevolate, non essendo consentita la pretesa del Comune di creare criteri avulsi dall’ISEE con valenza derogatoria ovvero finanche sostitutiva” (Cons. Stato, sez. III, 13 novembre 2018, n. 6371).
La Sezione ha, pertanto, ribadito – quanto all’aspetto relativo alle esigenze di assicurare gli equilibri di bilancio –, che la sostenibilità finanziaria dei relativi costi andrebbe prudentemente evocata tenendo conto della strumentalità del servizio in questione rispetto alla salvaguardia di diritti a nucleo incomprimibile secondo i principi più volte affermati dalla Consulta (cfr. fra le altre, le sentenze C. Cost. nn. 80/2010 e n. 275/2016) sottolineando l’onere della parte di dimostrare l’impossibilità di far fronte all’impegno finanziario conseguente alla prestazione a favore dei disabili. Nella recente sentenza del 2 gennaio 2020 n. 1, la Sezione ha statuito che: “L’affermazione secondo cui le posizioni delle persone disabili devono prevalere sulle esigenze di natura finanziaria, principio che la giurisprudenza ha affermato a proposito del diritto all’educazione e al sostegno scolastico dei disabili, coniando anche il concetto di “diritto al sostegno in deroga”, (Corte Costituzionale n. 80 del 26 febbraio 2010) deve trovare applicazione anche nell’ambito dell’assistenza socio-sanitaria al soggetto riconosciuto disabile al 100% mediante erogazione delle prestazioni di volta in volta necessarie.
La sentenza n. 80 del 2010 della Corte Costituzionale, dopo aver rimarcato che sussiste la discrezionalità del legislatore “nella individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili”, ha osservato anche che tale discrezionalità del legislatore trova un limite nel “rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati”.
La Sezione ha infine ricordato che la questione relativa alla ratio dell’indennità di accompagnamento e al suo il rapporto con l’ISEE è stata già esaminata da questo Consiglio di Stato nelle citate sentenze n. 838, 841 e 842 del 2016 escludendo che l’indennità di accompagnamento possa essere valutata come un reddito, in quanto essa “unitamente alle altre forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva ed ontologica …..situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale”. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio….non determinano infatti una migliore situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tale situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale”.
Fonte: Giustizia amministrativa