In sede di gara per l’appalto di fornitura di dispositivi medici trova applicazione il giudizio di equivalenza, la quale va ragguagliata alla funzionalità di quanto richiesto dalla Pubblica amministrazione con quanto offerto in sede gara, non certo alla mera formale descrizione del prodotto.
Ha chiarito il C.g.a. che con i commi 1 e 4 dell’art. 68, d.lgs. n. 163 il legislatore – allorché le offerte tecniche devono recare per la loro idoneità elementi corrispondenti a specifiche tecniche – ha inteso introdurre, ai fini della valutazione del prodotto offerto dal soggetto concorrente, il criterio dell’equivalenza, nel senso cioè che non vi deve essere una conformità formale, ma sostanziale con le specifiche tecniche nella misura in cui esse vengono in pratica comunque soddisfatte” (Cons. St. n. 7450 del 2019).
Precisa la sentenza appena citata: “La norma, in attuazione del principio comunitario della massima concorrenza, è finalizzata a che la ponderata e fruttuosa scelta del miglior contraente non debba comportare ostacoli non giustificati da reali esigenze tecniche. Il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche è un presidio del canone comunitario dell’effettiva concorrenza (come tale vincolante per l’Amministrazione e per il giudice) ed impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto.
Il comma 4 dell’art. 68, d.lgs. n. 163, laddove prevede che le stazioni appaltanti non possono respingere un’offerta per il motivo che i prodotti e i servizi presentati non sono conformi alle specifiche alle quali hanno fatto riferimento, impone quindi che il riscontro delle stesse in una gara sia agganciato non al formale meccanico riscontro della specifica certificazione tecnica, ma al criterio della conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte.”
Pertanto il criterio dell’equivalenza non può subire una lettura limitativa o formalistica ma deve, al contrario, godere di un particolare favore perché è finalizzato a sodisfare l’esigenza primaria di garantire la massima concorrenza tra gli operatori economici: ovviamente l’equivalenza va ragguagliata alla funzionalità di quanto richiesto dalla pubblica Amministrazione con quanto offerto in sede gara, non certo alla mera formale descrizione del prodotto.
Le specifiche tecniche hanno il compito di rendere intellegibile il bisogno che la stazione appaltante intende soddisfare con la pubblica gara più che quello di descrivere minuziosamente le caratteristiche del prodotto offerto dai concorrenti.
I recenti approdi giurisprudenziali (Cons. St., sez. III, 18 settembre 2019, n. 6212) consentono di affermare che il principio di equivalenza delle offerte è attuativo del più generale principio del favor partecipationis, costituendo dunque espressione della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti.
Dalla superiore affermazione la giurisprudenza fa discendere l’esigenza di limitare entro rigorosi limiti applicativi l’area dei requisiti tecnici minimi e di dare spazio – parallelamente ma anche ragionevolmente e proporzionalmente – ai prodotti sostanzialmente analoghi a quelli espressamente richiesti dalla disciplina di gara.
Sul piano più strettamente applicativo deve ribadirsi che un siffatto giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara risulta legato non a formalistici riscontri ma a criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte: deve in altri termini registrarsi una conformità di tipo meramente funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013).
Con specifico riguardo ad un appalto attinente al settore sanitario, si è ancora una volta ribadito che “(…) con particolare riferimento all’appalto per la fornitura di medicinali e dispositivi medici, (…) il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) ai fini della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti e della conseguente individuazione della migliore offerta, secondo i principi di libera iniziativa economica e di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione nel perseguimento delle propri funzioni d’interesse pubblico e nell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche, sanciti dagli articoli 41 e 97 della Costituzione” (Cons. St., sez. III, 14 maggio 2020, n. 3081).
L’art. 68, d.lgs. n. 50 del 2016 deve essere interpretato conformemente all’art. 60, paragrafi 3, 4, 5 e 6, della direttiva n. 2014/25/UE. “Il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche è un presidio del canone comunitario dell’effettiva concorrenza (come tale vincolante per l’Amministrazione e per il giudice) ed impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto” (Cons. St. n. 2093 del 2020).
Sotto il secondo profilo vanno richiamati i principi della giurisprudenza in ordine ai limiti del sindacato giudiziale sul giudizio valutativo della Commissione di gara nel formulare il giudizio di equivalenza tecnica delle offerte formulate dai partecipanti alla gara.
Il giudizio di equivalenza costituisce legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione ed il relativo sindacato giurisdizionale deve attestarsi su riscontrati (e prima ancora dimostrati) vizi di manifesta erroneità o di evidente illogicità del giudizio stesso. Il giudizio può essere cassato dal giudice amministrativo solo a fronte di evidenti errori di fatto o riscontrati profili di irragionevolezza ed illogicità.
Ha affermato la giurisprudenza del Consiglio di Stato che “una volta che l’Amministrazione abbia proceduto in tal senso, la scelta tecnico discrezionale può essere inficiata soltanto qualora se ne dimostri l’erroneità” (Cons. St., sez. III 13 dicembre 2018, n. 7039; Cons. St. n. 2093 del 2020).