L’Italia è un paese pronto a convertire il suo paradigma economico in un modello circolare, che possa puntare non solo a migliorare l’impatto ambientale ma anche a favorire processi virtuosi di inclusione sociale. Imprese, enti pubblici, cooperative, scuole e studenti emergono come gli attori principali di questa importante volontà di cambiamento.
È il quadro che emerge alla fine del progetto ECCO – Economie Circolari di Comunità, promosso da Legambiente e finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che in 18 mesi ha coinvolto oltre 700 realtà territoriali, 24 scuole e oltre 3000 studenti in tutta Italia, con l’obiettivo di promuovere l’economia circolare attraverso percorsi formativi mirati a favorire da una parte, un modello produttivo che punti alla riduzione degli sprechi e dell’inquinamento, e dall’altra nuove forme di occupazione.
ECCO ha visto nascere 15 “poli di economia circolare” in tutta la penisola, chiamati Rihub, che per un anno e mezzo, nonostante le difficoltà legate alla pandemia in corso, hanno organizzato corsi formativi ai green jobs focalizzandosi su diverse filiere sostenibili: dall’ecoturismo all’eco-ristorazione, dal cicloturismo all’apicoltura, dalla rigenerazione di apparecchiature informatiche alle consegne sostenibili. Oltre 600 i partecipanti alle formazioni, il 10% dei quali appartenente a categorie fragili (come disoccupati, pazienti dei dipartimenti di salute mentale e Neet).
“Il progetto ECCO ha introdotto il concetto di inclusione circolare, un connubio necessario tra le sfide ambientali e sociali, evidenziate ancora di più dalla crisi pandemica. I territori italiani che hanno preso parte al progetto si sono dimostrati capaci di realizzare concretamente percorsi inclusivi e direzionati all’economia circolare”, dichiara Lorenzo Barucca, Responsabile economia civile di Legambiente. “Dobbiamo insistere per consentire a questi mondi di co-progettare nuove soluzioni economiche. Il nostro impegno continuerà, al fine di superare ostacoli di linguaggio, gangli normativi e consuetudini economiche che rischiano di impedire la transizione ecologica del nostro paese”.
Alla base dei risultati del progetto ECCO due indagini, entrambe rivolte al mondo delle imprese, per osservare quanto – e come – investano in termini di sostenibilità e quanto spazio sarà dedicato ai lavori green nei prossimi anni. La prima, condotta dalla prof.ssa Eleonora Di Maria dell’Università degli Studi di Padova, ha esaminato 64 aziende certificate come “circolari” e analizzato, durante il periodo di pandemia, le strategie di investimento, la gestione delle reti di fornitura dei materiali e la sostenibilità ambientale e sociale. Il 69% di queste imprese proviene dal mondo della manifattura mentre il 31% si occupa di servizi. Le azioni di economia circolare maggiormente utilizzate dalle imprese green sono legate alla minimizzazione della produzione di rifiuti (79%), e alla riduzione dell’utilizzo delle risorse come acqua, energia e materie prime (67%). Emerge, inoltre, un’attenzione all’inserimento di materie di scarto all’interno del processo produttivo, scarti che provengono sia da altri soggetti (65%), sia seppur in maniera minore, dal ciclo produttivo dell’azienda stessa (48%). Gli aspetti che invece vanno ancora potenziati sono quelli legati al ciclo di vita del prodotto: solo il 30% delle imprese selezionate prevede la possibilità di riparare e riutilizzare i propri prodotti per allungarne la durabilità.
La conclusione del progetto ECCO, infine, ha visto nascere una “Guida alle professioni green”, un vademecum con 27 professioni per le quali sono richieste percentuali sempre maggiori di competenze verdi: dal cuoco al webmaster, dal fabbro al fisioterapista.