Il tema della legittimità costituzionale di una legge regionale che disciplina l’applicazione dei contributi a favore dei Consorzi di Bonifica ha formato oggetto della sentenza n. 188/2018 della Corte Costituzionale. La vicenda ha avuto origine dalla questione sollevata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza nell’ambito di un ricorso proposto avverso la cartella di pagamento di Equitalia Sud per contributi consortili richiesti per l’anno 2010 ad un contribuente il quale ha sostenuto la illegittimità del prelievo in mancanza di un concreto beneficio derivante all’immobile dall’attività del Consorzio di bonifica. La CTP ha richiamato l’art. 59 del R.D. n.215/1933 (Nuove norme per la bonifica integrale) che prevede il diritto de Consorzi di bonifica di imporre i contributi alle proprietà situate nel fondo, in armonia con l’art. 860 del codice civile il quale stabilisce che i proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per la esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere in ragione del beneficio che ritraggono dalla bonifica. Ha anche richiamato la giurisprudenza della stessa Consulta (in particolare la sentenza n. 555/1963) secondo cui l’art. 59 citato delinea una prestazione patrimoniale ricompresa nell’art. 23 della Costituzione, legittima solo in quanto determinata in ragione del beneficio che gli immobili ritraggono dalla bonifica, beneficio che anche per effetto della giurisprudenza di legittimità deve essere diretto e specifico conseguito o conseguibile dal singolo fondo, non essendo sufficiente un beneficio relativo per il complesso territoriale e pe ril solo fatto che il bene sia incluso nel comprensorio. Dalla CTP ò stata ,quindi, sollevata la questione di legittimità della Legge della Regione Calabria n. 11/2003 ed in particolare dell’art. 23 il quale dispone che le spese consortili sono applicate secondo il duplice criterio: a) per le spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali del Consorzio indipendentemente dal beneficio fondiario; b) per le altre, nel caso in cui non sia stato adottato il Piano di bonifica, utilizzando esclusivamente il criterio di cui alla lettera a). La legge in questione violerebbe, quindi, gli articoli 119 e 23 della Costituzione.
Procedendo alla disamina della norma censurata, la Corte ha osservato in primo luogo che i contributi consortili ricadono nel più ampio ambito delle disposizioni della bonifica la quale, già prima delle riforme del Titolo V, parte II. della Costituzione costituiva un settore ricadente nella competenza legislativa concorrente e delegata delle Regioni a Statuto ordinario, per cui il legislatore regionale poteva esercitare la sua competenza in materia di agricoltura e foreste in cui ricadeva il settore della bonifica, spettando al legislatore statale porre i principi fondamentali, già individuabili nella normativa del 1933 e nel codice civile (articoli 857-865), integrata dalla successiva regolamentazione, DPR n. 454/1961 e DPR n. 947/1962- A seguito della riforma disposta con la legge costituzionale n. 3 del 2001, è stato rideterminato il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, per cui la materia dell’agricoltura e delle foreste è rientrata in quella residuale del legislatore regionale, mentre la disciplina della bonifica si colloca in un intreccio complesso di competenze, assumendo rilievo riguardo alla prestazione obbligatoria dei contributi consortili ed alla natura tributaria degli stessi, il coordinamento del sistema tributario ed i limiti di autonomia finanziaria delle Regioni di cui all’articolo 117 della Costituzione.
Atteso, quindi, che debba identificarsi un vero e proprio potere impositivo del consorzio nei confronti dei consorziati sul presupposto della legittima inclusione del bene immobile nel comprensorio di bonifica e del “beneficio” che all’immobile deriva dall’attività di bonifica, tale beneficio non è espressione di un rapporto sinallagmatico ma origina un tributo, che può definirsi di scopo, volto alimentare la dotazione finanziaria del consorzio per poter realizzare le opere di bonifica. Nondimeno, ad avviso della Consulta, il beneficio per il consorziato contribuente deve necessariamente consistere nella fruizione, ma anche nella fruibilità, concreta e non già meramente astratta dell’attività di bonifica, che in ragione del miglioramento che ne deriva all’immobile, giustifica la imposizione obbligatoria del contributo.
Sulla scorta di tali premesse, con la sentenza in oggetto la Corte ha rilevato che l’art. 23, comma 1, lettera a), della legge regionale della Calabria n. 11 del 23 luglio 2003, disponendo che l’assoggettamento al contributo consortile è condizionato al solo dato della inclusione dell’immobile nel comprensorio del consorzio, indipendentemente dall’effettivo beneficio ricavabile dal bene, viola il dettato dell’art. 119 della Costituzione e, pertanto, ne ha dichiarato la illegittimità costituzionale.
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it