La pronuncia del giudice delle leggi origina dal caso di specie relativo al Comune di Cesena che aveva respinto una domanda di condono edilizio, effettuata ai sensi delle Legge 326/2003, per la regolarizzazione di un intervento di ristrutturazione consistente nella costruzione di un solaio intermedio in una porzione di attrezzatura agricola con conseguente creazione di due unità abitative, una per piano, e realizzazione di un piano interrato. Secondo il responsabile dell’abuso, l’intervento possedeva i requisiti per ottenere il condono edilizio, ma la legge regionale aveva imposto condizioni maggiormente restrittive di ammissibilità alla sanatoria.
Il contenzioso che ne è scaturito aveva indotto il Consiglio di Stato a sollevare la questione di legittimità, chiedendo se fosse ammissibile la scelta del legislatore regionale di limitare la sanatoria alla trasformazione dei sottotetti in locali abitativi, escludendo altre tipologie d’interventi. A parere del CdS, si trattava di una scelta arbitraria e ingiustificata, che impedendo la sanatoria per altri cambi di destinazione d’uso non consentiva il risparmio di suolo e provocava una disparità di trattamento tra i cittadini.
La Corte Costituzionale, invece, ha giudicato legittima la norma dell’Emilia Romagna ricordando che, con la sentenza 196/2004, la disciplina del condono edilizio ha subìto una profonda rivisitazione dal momento che è stato riconosciuto alle Regioni il potere di modularne l’ampiezza in relazione alla quantità e alla tipologia degli abusi sanabili. La Corte ha spiegato, inoltre, che la legge regionale consente di sanare la trasformazione di spazi già esistenti, su cui non sono effettuati altri interventi, mentre nel caso esaminato, il proprietario voleva condonare interventi realizzati ex novo. E per tutti questi motivi ha respinto il ricorso.