L’opposizione ai sensi dell’art.14-quinques della legge n. 241/1990 (come modificata dal D.Lgs n. 127 del 2016) è una potestà che non spetta di regola alle amministrazioni comunali, sebbene vadano valutati i singoli casi. Lo afferma un importante parere reso dal Consiglio di Stato in risposta ai quesiti posti dalla Presidenza del Consiglio in materia di iter autorizzativi per lo sviluppo di infrastrutture e impianti nel settore energetico/ambientale, anche nell’ottica del perseguimento degli obiettivi fissati dal Pniec. La Presidenza del Consiglio precisa che tali iniziative sono portate avanti da “amministrazioni comunali a vario titolo chiamate a esprimersi in seno a conferenze di servizi aventi a oggetto impianti od opere da autorizzare da parte di amministrazioni prevalentemente regionali (ad es., impianti di smaltimento di rifiuti, impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, opere di mitigazione del rischio idrogeologico, etc.), sicché è emersa la questione della possibilità, per le amministrazioni comunali che abbiano manifestato dissenso in seno alla conferenza di servizi di primo livello, di attivare lo strumento dell’opposizione davanti al Consiglio dei ministri”.
Per parte sua il CdS ha concluso che “le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini cui è riservata l’opposizione in sede di Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 14- quinquies della legge n. 241 del 1990, debbano identificarsi – anche alla luce del combinato disposto degli artt. 14-quinquies e 17, comma 2, della stessa legge n. 241 del 1990 – in quelle amministrazioni alle quali norme speciali attribuiscono una competenza diretta, prevalentemente di natura tecnico-scientifica, e ordinaria a esprimersi attraverso pareri o atti di assenso comunque denominati a tutela dei suddetti interessi così detti ‘sensibili’, e tale attribuzione non si rinviene, di regola e in linea generale, nelle competenze comunali di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 267/2000, né tra le competenze in campo sanitario demandate al Sindaco e al Comune dal testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 1934, né tra le altre funzioni fondamentali (proprie o storiche) dei Comuni”.
I giudici fanno “salva, comunque, la necessità di una verifica puntuale, da condursi caso per caso, dell’insussistenza di norme speciali, statali o regionali che, anche in via di delega, attribuiscano siffatte funzioni all’ente comunale”. Dall’analisi settore per settore contenuta nel parere, si capisce come le eccezioni siano effettivamente molto limitate. Per quanto riguarda le tutele ambientali, per esempio, il CdS precisa che quelle eventualmente attribuite ai Comuni (come nel caso della Regione Piemonte in tema di bonifica dei siti inquinati) non devono essere competenze “qualsiasi”, bensì “competenze a pronunciare pareri o atti di assenso comunque denominati in conferenze di servizi per progetti, interventi o attività da approvare o autorizzare”.
Riguardo al secondo quesito della Presidenza del Consiglio su eventuali maggiori possibilità per i Comuni di fare opposizione in sede di Aia, i giudici ribadiscono l’orientamento generale: “ai fini della ‘legittimazione’ a proporre l’opposizione non basta una qualsiasi attribuzione di funzioni di tutela ambientale e sanitaria, ma occorre una particolare attribuzione di competenza, caratterizzata altresì da quelle connotazioni tecniche e specialistiche evincibili dal parallelo tra il testo dell’art. 14-quinquies e quello dell’art. 17, comma 2, della stessa legge n. 241 del 1990”.