All’ombra di un’antica cupola bizantina del secolo XI, in una terra contesa tra l’azzurro del Mar Jonio e il verde dei primi contrafforti del Pollino sorge un piccolo Comune chiamato Trebisacce. Il clima è mite per buona parte dell’anno, a parte nei torridi mesi di luglio e agosto, nei quali per fortuna si può trovare conforto nelle acque cristalline sulle quali si affaccia il lungomare del paese; la gente del luogo è allegra e ospitale, figlia di un interessante retaggio culturale che mescola varie culture; il cibo è pressoché imbattibile sia per quanto riguarda i “mari” che per quanto riguarda i “monti”.
Eppure questa piccola perla dell’Alto Jonio cosentino non cresce. Da circa due decenni la popolazione è attestata intorno ai novemila abitanti e non accenna ad aumentare nei prossimi tempi. Il paese ha goduto di un forte sviluppo fino agli inizi degli anni ’90 per poi bloccarsi inesorabilmente e, per quanto si può evincere dalla situazione attuale, non accenna a riprendersi.
I “giardini”, ridenti campagne dove da secoli regnano sovrani ulivi, fichi e aranci, che producono un dolcissimo frutto tardivo chiamato “il Biondo”, stanno scomparendo lentamente, inghiottiti dall’edilizia selvaggia. Nessuna politica agricola efficace e coerente viene attuata per tutelare i prodotti locali, tant’è che il Biondo, da più parti acclamato come eccellenza nazionale, ancora non ha nemmeno il marchio IGP; men che meno si parla di politiche ambientali di alcuna sorta volte a tutelare il meraviglioso paesaggio mediterraneo dalla cementificazione sregolata, quando non addirittura abusiva. Del resto, negli anni del boom economico e in quelli successivi, si è badato molto poco alle più elementari norme di decenza urbanistica e spesso si è costruito senza alcuna ratio, tanto che il paese, specialmente nella parte della Marina, ha un aspetto alquanto disordinato. Senza considerare il fatto che le strade, oltre ad essere abbastanza dissestate, sono in alcuni tratti contornate di “scheletri” architettonici di palazzi iniziati, ma mai terminati o costruiti solo in parte.
Eppure a tutto questo e alla mancanza di industrie (la fabbrica di mattoni, detta “la fornace”, e il vecchio cementificio hanno chiuso i battenti da un pezzo), si sarebbe potuto supplire con un forte settore terziario e un massiccio sviluppo del turismo. L’uso del condizionale non è un caso però, dal momento che né il litorale né la parte del monte Mostarico sono sfruttate al meglio delle loro potenzialità: gli stabilimenti balneari sono pochi e non ci sono percorsi naturalistici attrezzati. Ciò impedisce, di conseguenza, la crescita del settore alberghiero e l’incremento dei profitti dei ristoratori, nonché provoca la penuria dei locali e degli svaghi per i più giovani.
D’altra parte, sono proprio le giovani generazioni a pagare lo scotto più gravoso di questa arretratezza economica. Terminati gli studi nelle più disparate città d’Italia, in tanti avrebbero il desiderio di tornare a vivere a Trebisacce, ma in davvero pochi sperano in questa sorte. Il paese non offre molto in termini di soddisfazione economica e sociale a chi decide di mettere radici e, a malincuore, sempre più spesso i neo-laureati optano per restare nella loro sede universitaria. Ovviamente questo trend porterà alla decapitazione della “classe dirigente” trebisaccese e le speranze di crescita e di rivalsa si faranno sempre più sottili senza una borghesia giovane e dinamica che metta in moto la rinascita.
Senza un forte sviluppo dell’impresa privata, un incremento sostanziale del turismo e un’ampia attrazione di investimenti, sarà molto difficile per Trebisacce puntare ad un domani brillante come quello che si prospettava agli albori degli anni ’80, ma anzi rischierà di rimanere un paese con un radioso futuro dietro le spalle. È pressoché inutile continuare ad illudersi che sia l’apparato statale a poter creare posti di lavoro e ricchezza: devono essere gli imprenditori e non i politici locali ad essere il motore della ripresa economica. La macchina pubblica è satura, il bilancio è magro, non si può pensare che gli enti pubblici possano essere ancora quelle grosse vacche da mungere che sono stati in passato, perché ormai il latte è finito da tempo e accanirsi non servirebbe. Se l’economia crescesse, sarebbe un bene per l’intero sistema di welfare, che potrebbe essere corroborato da un po’ di denaro e potrebbe offrire servizi più efficienti ai cittadini.
Gli effetti collaterali di questa fase di debolezza del paese si sono ripercossi, difatti, proprio sui pubblici servizi che hanno subito dei colpi durissimi a causa dei tagli operati dagli ultimi governi nell’ottica della spending review: non ci sono più né l’ospedale costruito nel 1985, del quale è rimasto in funzione solo una piccola parte, né il trasporto ferroviario (al posto dei treni ci sono degli autobus sostitutivi che collegano Trebisacce ai principali snodi della zona). Se il paese fosse stato più florido, il giro di affari più robusto e il turismo più sviluppato sarebbe stato altrettanto facile, per chi ha scelto di tagliare questi servizi, prendere una decisione del genere?
Tuttavia, c’è da dire che l’embrione di un futuro diverso e migliore si trova già all’interno del sistema. Trebisacce è da sempre un polo d’attrazione culturale per il circondario. Numerosi artisti e scrittori di fama non sempre di fama solo locale hanno le loro radici nel paese o vi risiedono stabilmente e, soprattutto, i ragazzi trebisaccesi possono contare su un sistema scolastico che non ha pari nella zona. Oltre a poter vantare l’istituzione della prima scuola media pubblica dell’Alto Jonio , risalente al 1953, Trebisacce è l’unico paese della sua area ad essere dotato di scuole superiori di quasi tutti gli indirizzi. Fiore all’occhiello della pubblica istruzione locale è il liceo (classico e scientifico), il quale partecipa anche a progetti di portata internazionale come il Comenius, che permette agli studenti di partecipare a scambi interculturali con i più diversi paesi d’Europa.
Insomma, i problemi da risolvere sono tanti, ma le risorse sia naturali che umane di questo straordinaria cittadina, che una volta si fregiava del titolo di “ Perla dell’Alto Jonio”, sono abbondanti e potenzialmente assai fruttifere; se verranno utilizzate in maniera attenta e razionale, il successo di Trebisacce sarà una scommessa certa, che porterà benessere a tutta l’area circostante.