L’accesso civico può essere esercitato anche con riferimento agli atti di gara pubblica da parte di un soggetto che non ha partecipato alla procedura. Questo il principio che si può estrapolare dalla sentenza 3780/2019 della terza sezione del Consiglio di Stato.
I giudici di Palazzo Spada hanno spegato, infatti, che l’art. 53 del codice dei contratti pubblici richiama al primo comma la disciplina contenuta nella l. n. 241 del 1990, mentre nel secondo elenca una serie di prescrizioni riguardanti il differimento dell’accesso in corso di gara. L’art. 5 bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, stabilisce, viceversa che l’accesso civico generalizzato è escluso fra l’altro nei casi previsti dalla legge “ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti”.
Tale ultima prescrizione fa riferimento, nel limitare tale diritto, a “specifiche condizioni, modalità e limiti” ma non ad intere “materie”. Diversamente interpretando, significherebbe escludere l’intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, qual è quella dell’accesso civico generalizzato, che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale, il principio di trasparenza ricavabile direttamente dalla Costituzione. Entrambe le discipline, contenute nel d.lgs. n. 50 del 2016 e nel d.lgs. n. 33 del 2013, mirano all’attuazione dello stesso, identico principio e non si vedrebbe per quale ragione, la disciplina dell’accesso civico dovrebbe essere esclusa dalla disciplina dei contratti pubblici. D’altro canto, il richiamo contenuto nel primo comma, del citato art. 53 Codice dei contratti, alla disciplina del c.d. accesso “ordinario” di cui agli artt. 22 e ss., l. n. 241 del 1990 è spiegabile alla luce del fatto che il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 è anteriore al d.lgs. 25 maggio 2016, n. 67 modificativo del d.lgs. n. 33 del 2013.
Il d.lgs. 25 maggio 2016 n. 97, che ha introdotto l’accesso civico novellando l’art. 5 d.lgs. n. 33 del 2013, si è dichiaratamente ispirato al cd. “Freedom of information act” che, nel sistema giuridico americano, ha da tempo superato il principio dei limiti soggettivi all’accesso, riconoscendolo ad ogni cittadino, con la sola definizione di un numerus clausus di limiti oggettivi, a tutela di interessi giuridicamente rilevanti, che sono appunto precisati nello stesso art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013.
L’intento del legislatore delegato, concludo i giudici amministrativi d’Appello, è stato quello di “favorire forme diffuse di controllo nel perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”, promuovendo così “la partecipazione al dibattito pubblico”.