Il Consiglio di Stato si è pronunciato sul complesso tema della pianificazione urbanistica per il contemperamento tra l’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione e la tutela dell’affidamento del privato interessato. Nel massimare la sentenza gli organi di giustizia amministrativa riassumono alcuni principi fondamentali e consolidati nella giurisprudenza del Consiglio di Stato.
Innanzitutto viene ribadito come le previsioni del piano urbanistico comunale (o di altro strumento urbanistico) possono subire, in sede di approvazione definitiva, delle modifiche e ciò “come effetto del tutto connaturale al procedimento di formazione del suddetto strumento urbanistico” in conseguenza dell’accoglimento delle osservazioni pervenute. L’onere di ripubblicazione sorgerebbe però solo quando, a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata una rielaborazione complessiva del piano stesso, e cioè un mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione.
Viene poi sottolineato come con riferimento alle osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio, l’amministrazione sia sì tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, ma non si esige “una analitica confutazione” delle stesse, e quando sono accolte costituiscono modifiche facoltative e concordate che se superano l’impianto costituito dai canoni guida del piano originario pertanto impongono la ripubblicazione dello stesso.
In questa ottica di contemperamento tra l’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione e la tutela dell’affidamento del privato interessato, gli organi di giustizia amministrativa diffondono altresì le seguenti puntuali direttrici:
-le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità;
– anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione (c.d. polverizzazione della motivazione), oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni;
– con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali: a) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona; b) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate; c) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare; d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo;
– una posizione di vantaggio (derivante da una convenzione urbanistica o da un giudicato) può essere riconosciuta (e quindi essere oggetto della tutela da parte del giudice amministrativo) soltanto quando abbia ad oggetto interessi oppositivi e non invece quando si tratti di interessi pretensivi, come è nel caso in esame in cui si tratta dell’esercizio dello ius variandi su istanza del privato.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it