Problemi di cultura ma anche di leggi e procedure, che appaiono desuete. Ecco perché il nostro Paese stenta nell’implementazione delle tecnologie e nella realizzazione delle molteplici misure e accorgimenti che “fanno” smart city.
Qualche giorno fa nel centro di Milano, causa un banale incidente automobilistico, la linea del tram 16 è rimasta bloccata per un’ora. I passeggeri sono stati scaricati improvvisamente. Nessuno li ha informati che l’azienda del trasporto pubblico stava muovendo i bus sostitutivi. Li hanno visti passare mentre proseguivano a piedi. Quando l’auto tamponata è stata rimossa, l’ultimo bus ha scaricato gli stessi passeggeri a metà tragitto. Increduli, sono stati rassicurati dall’autista: «La circolazione è ripresa, aspettate il tram». Che è arrivato mezz’ora dopo. Nel frattempo le informazioni sugli schermi delle fermate erano assenti, generiche o superate.
Chi vive nelle città italiane conosce questi disagi. E vede ancora spuntare nelle strade i cosiddetti totem. Maxi computer con informazioni per turisti e residenti. Ormai oggetti di modernariato, in un Paese in cui 11,2 milioni di persone accedono a internet solo con smartphone.
Molti parlano di innovazione, big data, smart city. Ma i più non capiscono. Eppure sono cose concrete. Helsinki ha dotato gli spazzaneve di trasmettitori che ne indicano la posizione su una mappa digitale. Così tutti possono sapere se la strada è libera o se si sta sgomberando la pista ciclabile. Questo fa la differenza e rende una città smart, un Paese intelligente. Nella classifica europea delle prime 100 smart city tra quelle fino a 500 mila abitanti, ci sono solo 4 italiane. Trento – la migliore, è 45a, seguita da Trieste (49a), Ancona (51a) e Perugia (52a).
Il nuovo rapporto dell’associazione Italiadecide intitolato «Italiadigitale» pubblicato dal Mulino spiega perché e come si può recuperare un ritardo che abbraccia le infrastrutture, i servizi pubblici, la burocrazia. Non basta più digitalizzare le informazioni della pubblica amministrazione trasmesse agli utenti. Questo approccio è superato. La digitalizzazione deve coinvolgere l’industria, la scuola, la società intera.