Un’indagine penale per corruzione a carico del legale rappresentante di una società che si è aggiudicata un appalto deve essere valutata obbligatoriamente dalla stazione appaltante, anche se sopravvenuta nel corso della gara, e può costituire un grave illecito professionale tale da determinare l’esclusione dell’operatore economico. Lo ha stabilito l’Anac nella delibera n.146 del 30 marzo 2022.
La decisione nasce da un’istanza di precontenzioso presentata da un consorzio che ha contestato l’aggiudicazione dei lavori per la ricostruzione dell’edificio scolastico di un comune del beneventano: il legale rappresentante e socio di maggioranza della società vincitrice, infatti, nel corso dello svolgimento della gara, è stato raggiunto da una misura cautelare interdittiva, ossia il divieto temporaneo di contrattare con la Pubblica amministrazione, per reati di corruzione in relazione a una precedente gara d’appalto.
L’Autorità ha dato ragione al consorzio che ha presentato l’istanza ricordando che i requisiti di partecipazione alla gara devono essere posseduti dai concorrenti, non solo alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, ma per tutta la durata della procedura fino alla stipula del contratto e per tutto il periodo di esecuzione “senza soluzione di continuità”. Non solo. Spetta alla stazione appaltante l’obbligo di verificare che il possesso di tali requisiti sia continuativo perché, secondo quanto stabilito dall’articolo 80 comma 5 lettera c) del codice appalti, la stessa stazione appaltante esclude dalla gara un operatore economico colpevole di “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.
Per l’autorità la pendenza di indagini penali o rinvii a giudizio del legale rappresentante della società aggiudicataria non causa una esclusione automatica dell’operatore economico ma la mancata comunicazione da parte del concorrente dei carichi pendenti può essere valutata dalla stazione appaltante come grave illecito professionale e determinarne quindi l’esclusione. Nel caso specifico, secondo l’autorità, l’operatore economico aveva l’obbligo di informare la stazione appaltante circa le indagini penali sopravvenute in corso di gara perché queste riguardavano reati di corruzione nell’ambito di un’altra gara di appalto di un altro comune ma della stessa provincia.
L’Autorità ritiene che le misure si self cleaning indicate dalla società (revoca dell’incarico dell’indagato, nomina di un professionista esterno e istituzione di un organismo di vigilanza) siano ininfluenti rispetto alla gara contestata. “Costituisce principio ormai consolidato – si legge nella delibera –che le misure di self cleaning abbiano rilevanza pro futuro, relativamente alle gare indette successivamente alla loro adozione, pena la violazione della par condicio”.
Fonte: ANAC