La riforma delle Banche di credito cooperativo accoglie gran parte del progetto di autoriforma messo a punto dal settore, con un lavoro contraddistinto da passaggi di consultazione con il Governo, in particolare con il Ministero dell’Economia e Banca d’Italia. Mentre le Bcc di Francia, Olanda, Finlandia, Canada, nel corso del tempo, hanno guardato spontaneamente a una integrazione che mantenendo maggiori o minori livelli di autonomia ha consentito loro di affrontare in maniera condivisa le nuove sfide del mercato globale, le nostre Banche di credito cooperativo, invece, sino ad oggi non sono riuscite a procedere autonomamente in questa direzione. Oggi la riforma in atto prevede la nascita di una holding Spa, controllata a maggioranza dalle Bcc locali, che sono legate al capogruppo bancario da un patto di coesione. Il compito della holding sarà quello di realizzare un’azione di guida e controllo, con l’obiettivo di sostenere la capacità di generare reddito e di servizio della singola banca di credito cooperativo ai soci e la sua funzione di sviluppo dei territori, garantendo stabilità, liquidità e conformità alle nuove regole dell’Unione bancaria. Il grado di autonomia delle Banche di credito cooperativo locali dipenderà dalla qualità della loro gestione e dal loro profilo di rischio. Lorenzo Gazzola, da anni ai vertici della Bcc padovana, esprime il suo punto di vista sulla riforma
Direttore, le Bcc verranno pilotate dalla riforma bancaria a confluire in un’unica grande holding che, di fatto le controllerà tutte e garantirà ciascuna patrimonialmente, pur lasciando un’indipendenza gestionale sul territori. Come interpreta le novità introdotte?
L’indipendenza territoriale per le Bcc è fondamentale. Ogni Banca di credito cooperativo ha una storia, una tradizione e una cultura e tale dovrà restare anche con la riforma, che servirà principalmente a rafforzare patrimonialmente le Bcc garantendo ai clienti una banca solida e capace di resistere al momento attuale di crisi dei mercati e alla nuova riforma della Banca centrale europea riguardante il bail-in.
Ritiene che il forte legame tra le Banche di credito cooperativo ed il territorio continuerà come è stato per oltre un secolo di storia?
Senza ombra di dubbio, la forza che ha caratterizzato le Bcc in questi anni è proprio connessa al forte legame con il territorio. Non a caso certe Bcc si sono trovate in difficoltà nel momento della crisi, soprattutto immobiliare, perché hanno continuato ad elargire credito a differenza delle altre banche che non hanno più emesso liquidità per le imprese.
Quello delle Bcc è un settore strategico, da sempre vicino alle Pmi. Secondo lei, questo indiscusso punto di forza nel sistema industriale del Paese verrà meno con la riforma?
Assolutamente no, anzi tutt’altro. Le Bcc devono continuare nella loro missione di dare poco a tanti, favorendo lo sviluppo ed il mantenimento delle realtà locali. Si pensi che solo la nostra Banca di credito cooperativo di Roma, appena arrivata a Padova (acquisendo Banca Padovana in liquidazione coatta amministrativa) ha stanziato un plafond di oltre 200 milioni per le Pmi a dimostrazione del fatto che da sempre le Bcc sono vicine alle piccole realtà artigiane del territorio a cui appartengono.
Il pacchetto delle nuove misure s’inserisce nell’ampio disegno di ristrutturazione del sistema bancario italiano con l’obiettivo di rafforzarlo, renderlo più resistente agli shock, mettere gli istituti nelle condizioni di finanziare adeguatamente l’economia reale, favorendo la crescita e l’occupazione. Una mission possibile?
Molto dura, ma con le norme adatte, che la Banca centrale europea sta proponendo potremmo riuscire a ridurre al minimo gli shock dei mercati, mettendo gli istituti bancari nella condizione più idonea per finanziare in modo adeguato le nuove aziende in pieno sviluppo, favorendo la crescita soprattutto dei giovani ed evitando, se possibile, la famosa fuga di cervelli dal nostro Paese.