Rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 3, 5, 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lett. p), terzo e sesto comma, e 118 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 40 bis, l. reg. Lombardia n. 12 del 2005 (inserito dall’art. 4, comma 1, lett. a), l. reg. Lombardia 26 novembre 2019, n. 18), recante “Disposizioni relative al patrimonio edilizio dismesso con criticità”, nella parte in cui ha introdotto una disciplina urbanistico-edilizia in ordine al recupero degli immobili fatiscenti ingiustificatamente rigida e uniforme, operante a prescindere dalle decisioni comunali e in grado di produrre un impatto sulla pianificazione locale molto incisivo e potenzialmente idoneo a stravolgere l’assetto del territorio, o di parti importanti dello stesso, in maniera del tutto dissonante rispetto a quanto stabilito nello strumento urbanistico generale. Lo ha stabilito il Tar Lombardia nell’ordinanza n. 371 del 10 febbraio 2021, che si aggiunge alle ordinanze n. 372 e n. 373 del 10 febbraio 2021.
“La lesione della potestà pianificatoria comunale appare evidente e soprattutto il sacrificio delle prerogative comunali risulta non proporzionato, con violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione”. È solo uno dei passaggi delle tre ordinanze del TAR nell’ambito di tre ricorsi presentati da altrettanti proprietari d’immobili nei confronti del Comune relativamente alla norma sul recupero degli edifici abbandonati del Piano di Governo del Territorio. I pronunciamenti di fatto danno ragione al Comune che, nel difendere la norma comunale, ha sollevato il tema di incostituzionalità dell’articolo 40 della Legge Regionale 18/2019 che consente ai proprietari degli immobili abbandonati di ottenere un bonus edificatorio fino al 25% e di costruire in deroga alle norme morfologiche e a quanto previsto dal PGT.
Si legge nelle ordinanze: “La norma regionale incentiva in maniera assolutamente discriminatoria e irragionevole situazioni di abbandono e di degrado, da cui discende la possibilità di ottenere premi volumetrici e norme urbanistiche ed edificatorie più favorevoli rispetto a quelle ordinari. L’applicazione dell’art. 40-bis anche agli immobili fatiscenti individuati prima della sua introduzione – come pure a quelli segnalati direttamente dai privati – stravolge la pianificazione territoriale del Comune, il quale aveva elaborato e introdotto un regime speciale per il recupero dei citati immobili, proprio tenendo in considerazione l’impatto degli interventi di riqualificazione sul tessuto urbano esistente. Difatti, un conto è riqualificare un immobile, conservandone la medesima consistenza (oppure demolirlo, consentendo il recupero della sola superficie lorda esistente: art. 11 delle N.d.A.), un altro conto è riconoscere a titolo di beneficio un indice edificatorio aggiuntivo, oscillante tra il 20% e il 25%, cui si accompagna l’esenzione dall’eventuale obbligo di reperimento degli standard. Pur essendo rimessa al Consiglio comunale l’individuazione degli immobili abbandonati e degradati, è comunque consentito al proprietario di un immobile di certificare con perizia asseverata giurata, oltre alla cessazione dell’attività, anche la sussistenza dei presupposti per beneficiare del regime di favore di cui all’art. 40 bis. Il Comune quindi non ha la facoltà di selezionare, discrezionalmente, gli immobili da recuperare, in quanto l’applicazione della norma regionale può avvenire anche su impulso del proprietario del manufatto. L’assoluta incertezza in ordine all’impatto sul territorio di una tale previsione, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, impedisce al Comune una coerente programmazione in ambito urbanistico, rendendola in alcune parti, anche importanti, del tutto ineffettiva”.
La violazione della Costituzione viene riscontrata anche rispetto a contraddizioni della legislazione regionale stessa. “La norma appare altresì irragionevole – con violazione dell’art. 3 della Costituzione – nella parte in cui non si rapporta ai principi contenuti in altre norme della stessa legge regionale n. 12 del 2005 (in specie quelli riferiti alla riduzione del consumo di suolo) e della legge regionale n. 31 del 2014 (“Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e la riqualificazione del suolo degradato”), poiché la riduzione del consumo di suolo rappresenta un obiettivo prioritario e qualificante della pianificazione territoriale regionale, orientata a un modello di sviluppo territoriale sostenibile”.
Infine, secondo il TAR, “l’art. 40 bis appare in contrasto anche con i principi di uguaglianza e imparzialità dell’Amministrazione discendenti dagli artt. 3 e 97 della Costituzione, visto che riconosce delle premialità per la riqualificazione di immobili abbandonati e degradati in favore di soggetti che non hanno provveduto a mantenerli in buono stato e che hanno favorito l’insorgere di situazioni di degrado e pericolo, a differenza dei proprietari diligenti che hanno fatto fronte agli oneri e ai doveri conseguenti al loro diritto di proprietà, ma che proprio per questo non possono beneficiare di alcun vantaggio in caso di intervento sul proprio immobile. La norma regionale, quindi, incentiva in maniera assolutamente discriminatoria e irragionevole di situazioni di abbandono e di degrado”. In conclusione il TAR sospende il giudizio perché gli atti siano trasmessi alla Corte Costituzionale.
“Dal primo giorno dico che la Legge Regionale sugli immobili abbandonati è sbagliata negli obiettivi e incostituzionale nella forma e le ordinanze con cui il Tar invia le carte alla Corte Costituzionale rafforzano le nostre convinzioni. Mi dispiace che per far passare questi concetti si sia dovuto attendere un’ordinanza in sede giudiziale e che la politica non abbia agito autonomamente per sanare questa indebita ingerenza sulle normative comunali da parte della Regione Lombardia, che peraltro mina l’equo trattamento tra i proprietari favorendo paradossalmente i rischi di abbandono degli immobili. Il recupero non passa certo dal regalare bonus a chi abbandona, non passa certo dal lasciare la possibilità di non far niente per altri 5 anni”. Questo il commento dell’assessore all’Urbanistica del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran. “Ieri ho chiesto l’attivazione di un tavolo di lavoro per modificare la Legge Regionale che oggi è ancora più urgente e che deve rispettare gli obiettivi che si era prefissato il Comune approvando nel PGT una normativa forte e innovativa contro l’abbandono, messa in discussione proprio da questa legge che riteniamo sarà dichiarata incostituzionale. A quel tavolo lavoreremo con serietà e rigore per modificare significativamente quella legge, con l’obiettivo che vengano date certezze anche ai proprietari ed agli investitori. Sono infatti loro quelli più danneggiati da una legge che avendo basi così deboli dimostra che ha sbagliato chi pensava fosse un modo per aggirare il PGT di Milano. Il TAR ribadisce che non può essere compressa l’autonomia del Comune, cui spettano le scelte di pianificazione generale in virtù del principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 118 della Costituzione, come più volte statuito e ribadito dalla Corte Costituzionale in precedenti decisioni, e come ho più volte ricordato – un po’ inascoltato – nelle scorse settimane. Ora si riparte dal PGT e troveremo il modo per evitare che questa bolla illusoria alimentata ad arte possa nuocere agli investimenti e alle iniziative di rigenerazione e riuso, che certamente siamo contenti di accogliere”.
Fonte: Tar Lombardia