Con la sentenza 8028/2020 la quinta sezione del Consiglio di Stato offre due preziosi chiarimenti sull’affidamento in house: non sussiste il divieto per gli statuti delle società in house di istituire organi speciali e il ricorso all’affidamento in house del servizio è in posizione subalterna all’affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica
Riguardo alla prima conclusione i giudici di Palazzo Spada spiegano che l’art. 11, c. 9, lett. d) d.lgs. n. 175 del 2016 stabilisce il divieto per gli statuti delle società a controllo pubblico di “istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società”. Il divieto è previsto in relazione alle “società a controllo pubblico” disciplinate appunto dall’art. 11, e non è ripetuto nell’art. 16 dedicato alle società in house, la cui disciplina appare, pertanto, speciale e derogatoria. D’altra parte rispetto alle società a controllo pubblico, per le quali, l’art. 2, c.1, lett. m) d.lgs. n. 175 del 2016 richiede che il controllo si esplichi nelle forme dell’art. 2359 cod. civ., le società in house sono sottoposte a quella forma particolare di controllo pubblico che è costituita dal controllo analogo. Nell’elaborazione della giurisprudenza europea (seguita in ciò dalla giurisprudenza nazionale) il controllo analogo consiste in una forma di eterodirezione della società, tale per cui i poteri di governance non appartengono agli organi amministrativi, ma al socio pubblico controllante che si impone a questi ultimi con le proprie decisioni. La logica è esattamente opposta a quella del codice civile ove, per l’esigenza di garantire la separazione tra gestione dell’impresa sociale e proprietà della stessa, agli amministratori è riconosciuta la competenza gestoria con carattere generale; essi, pertanto, possono assumere tutti gli atti di gestione dell’impresa, non riservati ad altri organi, reputati necessari al conseguimento dell’oggetto sociale e all’assemblea spetta solo il controllo sulle modalità della gestione (salvo, naturalmente, le decisioni che comportano modifica sostanziale dell’oggetto sociale). Lo statuto di una società in house in quanto società sottoposta a controllo analogo, non può ripetere regole e procedure previste per la società di capitali di diritto comune. La possibilità che l’art. 16 c.2, lett. a) d.lgs. n. 175 del 2016 assegna agli statuti delle società in house di derogare alle disposizioni dell’art. 2380 bis cod. civ., relativo ai poteri degli amministratori nel sistema societario ordinario, e dell’art.2409 nonies cod. civ., che disciplina i medesimi poteri in caso di sistema dualistico (ove è presente, cioè, un consiglio di gestione e un consiglio di sorveglianza), va intesa quale deroga all’ordinario sistema di gestione della società per azioni incentrata sul rapporto tra consiglio di amministrazione/assemblea sociale. Lo statuto di una società in house pluripartecipata (e, dunque, dell’autonomia privata dei soci partecipanti) può, dunque, assegnare il potere gestorio ad organi assembleari diversi dal consiglio di amministrazione configurando, così, un peculiare sistema di amministrazione e controllo della società in house, nel quale gli amministratori sono privi di poteri decisionali propri, che derivano, invece, da altri organi della società, e che, comunque, non esercitano in piena autonomia rispetto ad essi.
In merito alla seconda questione gli stessi giudici chiariscono, infine, che nell’attuale quadro normativo il ricorso all’affidamento in house del servizio è in posizione subalterna all’affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica per essere imposto all’amministrazione aggiudicatrice che a quello intenda ricorre un onere motivazionale rafforzato, quale si ricava dal combinato disposto dell’art. 192, c. 2, d.lgs. n. 50 del 2018 e dall’art. 34, c. 20, d.l. n. 179 del 2012. Detto onere motivazione consiste nell’esporre le ragioni di preferenza per l’affidamento in house rispetto al ricorso all’evidenza pubblica in punto di convenienza economica, di efficienza e qualità del servizio, così esplicitando le ragioni dell’esclusione del ricorso al mercato, e, di seguito, i benefici per la collettività, di modo che ne sia possibile il sindacato in termini di ragionevolezza, logicità e travisamento dei fatti.