Il Tribunale amministrativo del Lazio ha stabilito nella sentenza 13044/2020 che spetta alla giurisdizione ordinaria la controversia concernente la legittimità dell’atto emesso dal sindaco, ai sensi dell’art. 50, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 267 del 2000, di revoca degli amministratori di una società partecipata dal comune.
In tema di società partecipata da un ente locale, spiegano i giudici amministrativi capitolini, pur quando costituita secondo il modello del cd. in house providing, deve ritenersi che le azioni concernenti la nomina o la revoca di amministratori e sindaci, ai sensi dell’art. 2449 c.c., spettino alla giurisdizione del giudice ordinario, non di quello amministrativo, perché investono atti compiuti dall’ente pubblico uti socius, non iure imperii, e posti in essere a valle della scelta di fondo per l’impiego del modello societario, ogni dubbio essendo stato sciolto a favore della giurisdizione ordinaria dalla clausola ermeneutica generale, in senso privatistico, prevista dall’art. 4, comma 13, del d.l. n. 95 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 135 del 2012, oltre che dal principio successivamente stabilito dall’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 175 del 2016, a tenore del quale, per tutto quanto non derogato dalle relative disposizioni, le società a partecipazione pubblica sono disciplinate dalle regole privatistiche.
Pertanto, la controversia, come nella vicenda in sentenza, concernente la legittimità dell’atto emesso dal Sindaco, ai sensi dell’art. 50, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 267 del 2000, di revoca degli amministratori di una società partecipata dal Comune spetta alla giurisdizione ordinaria, poiché si tratta di un provvedimento attinente ad una situazione giuridica successiva alla costituzione della società stessa, idoneo ad incidere internamente sulla sua struttura ed espressione di una potestà di diritto privato ascrivibile all’ente pubblico uti socius ed esercitata dal medesimo Sindaco in conformità degli indirizzi stabiliti dal Consiglio comunale”.