La Corte di giustizia europea, riunita in Grande Sezione, si è pronunciata con la sentenza A e a. (Impianti eolici ad Aalter e Nevele) (C-24/19) – emanata il 25 giugno scorso – sull’interpretazione della direttiva 2001/42, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente. E ha fornito precisazioni importanti sulle misure soggette alla valutazione prescritta da tale direttiva e sulle conseguenze derivanti da una sua omissione. La Corte è intervenuta sulla base di una controversia che oppone alcuni residenti di un’area situata in prossimità dell’autostrada E40, nel territorio dei Comuni di Aalter e Nevele (Belgio), al funzionario regionale preposto all’Urbanistica del dipartimento di Pianificazione territoriale delle Fiandre, sezione delle Fiandre Orientali (Belgio). Oggetto del contenzioso, il rilascio da parte di questa autorità di un’autorizzazione urbanistica per l’installazione e la gestione di cinque turbine eoliche. Rilascio, avvenuto il 30 novembre 2016, che era stato subordinato al rispetto di talune condizioni stabilite da disposizioni di un’ordinanza del governo fiammingo e da una circolare relativa all’installazione e alla gestione d’impianti eolici.
A sostegno del ricorso di annullamento dell’autorizzazione impugnata proposto dinanzi al Raad voor Vergunningsbetwistingen (Consiglio per il contenzioso in materia di autorizzazioni del Belgio), i ricorrenti hanno invocato la violazione della direttiva 2001/42, in quanto l’ordinanza e la circolare in base alle quali era stata rilasciata l’autorizzazione non sarebbero state oggetto di una valutazione ambientale. L’autore dell’autorizzazione impugnata ha ritenuto, al contrario, che l’ordinanza e la circolare in questione non dovessero essere sottoposte a una valutazione simile.
Con la sentenza odierna, la Corte ha ricordato che la direttiva 2001/42 riguarda i piani e i programmi, e le relative modifiche, elaborati o adottati da un’autorità di uno Stato membro, a condizione che siano stati «previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative». Inoltre, essa subordina l’obbligo di sottoporre un determinato piano o programma a una valutazione ambientale alla condizione che il piano o il programma, previsto in tale disposizione, possa avere effetti significativi sull’ambiente. In primo luogo, per quanto riguarda il concetto di «piani e programmi previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative», la Corte dichiara che tale nozione comprende un’ordinanza e una circolare, adottate dal Governo di un ente federato di uno Stato membro, entrambe recanti diverse disposizioni per l’installazione e la gestione d’impianti eolici.
Emerge, infatti, dalla giurisprudenza costante della Corte che devono essere considerati «previsti», ai sensi e ai fini dell’applicazione di tale direttiva, i piani e programmi la cui adozione sia disciplinata da disposizioni legislative o regolamentari nazionali, le quali determinano le autorità competenti per adottarli, nonché la loro procedura di elaborazione. Quindi, una misura deve essere considerata «prevista» quando la facoltà di adottare la medesima trova il suo fondamento giuridico in una disposizione di tale natura, anche se non esiste, propriamente parlando, alcun obbligo di elaborare tale misura.
Invitata dal giudice del rinvio e dal Governo del Regno Unito a riconsiderare tale giurisprudenza, la Corte ha evidenziato anzitutto che una limitazione della condizione prevista dall’articolo 2, lettera a), secondo trattino, della direttiva 2001/42 ai soli «piani e programmi» la cui adozione è obbligatoria rischierebbe di conferire a tale nozione una portata marginale, e non consentirebbe di garantire l’efficacia pratica di tale disposizione. Infatti, secondo la Corte, tenuto conto della diversità delle situazioni e dell’eterogeneità delle prassi delle autorità nazionali, l’adozione di piani o programmi, e relative modifiche, spesso non è né imposta in maniera generale, né lasciata alla totale discrezione delle autorità competenti. Inoltre, il livello elevato di tutela dell’ambiente che la direttiva 2001/42 mira a garantire, assoggettando i piani e i programmi in grado di sortire effetti significativi sull’ambiente a una valutazione ambientale, è conforme ai requisiti dei Trattati e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in materia di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Siffatti obiettivi, tuttavia, rischierebbero di essere compromessi in caso d’interpretazione restrittiva, atta a consentire a uno Stato membro di eludere tale obbligo di valutazione ambientale evitando di rendere obbligatoria l’adozione dei piani o dei programmi. Infine, la Corte ha rilevato che l’interpretazione estesa della nozione di «piani e programmi» è conforme agli impegni internazionali dell’Unione e ha quindi concluso che l’ordinanza e la circolare rientrino nella nozione di «piani e programmi», poiché vanno considerate come «previste» ai sensi della direttiva 2001/42. In secondo luogo, ha stabilito che tali atti rientrino pure fra quelli soggetti a valutazione ambientale in forza della direttiva 2001/42, proprio per il fatto di essere suscettibili di effetti significativi sull’ambiente.
In terzo luogo, per quanto attiene alla possibilità di mantenere gli effetti dei citati atti e della connessa autorizzazione, adottati in violazione della direttiva 2001/42, la Corte rammenta che gli Stati membri sono tenuti a eliminare le conseguenze illegittime di una siffatta violazione del diritto dell’Unione. Essa sottolinea che, tenuto conto della necessità di un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, essa sola può, eccezionalmente e per considerazioni imperative di interesse generale, concedere una sospensione provvisoria dell’effetto di disapplicazione esercitato da una norma di diritto dell’Unione violata, purché una normativa nazionale consenta al giudice nazionale di mantenere taluni effetti di atti simili nell’ambito della controversia di cui è investito.