27 gennaio 1945, quando le truppe sovietiche della 60° Armata del 1° Fronte raggiunsero la città polacca di Oswiecim, il mondo conobbe la quintessenza dell’orrore: il campo di concentramento nazista di Auschwitz/Birkenau. Da allora, nonostante il ributtante negazionismo di taluni, nessuno potrà mai più ignorare la materiale consistenza dell’Olocausto. Nel 2005, quella data fatidica è divenuta la Giornata della memoria della Shoah, che si rinnova ogni anno. Da allora, l’indifferenza verso stragi e genocidi, di qualunque matrice e ideologia essi si ammantino, è definitivamente bandita per sempre. Non a caso, Liliana Segre, oggi senatrice a vita, all’epoca adolescente riuscita a sopravvivere insieme ad appena altri 24 bambini italiani, da 30 anni testimone vivente e araldo della memoria come ama definirsi, insiste su un punto con caparbia determinazione: “Indifferenza. Tutto comincia da quella parola. Gli orrori di ieri di oggi e di domani fioriscono all’ombra di quella parola. La chiave per comprendere le ragioni del male è inclusa in quelle cinque sillabe, perchè quanto credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi allora non c’è limite all’orrore”. Di qui il libro scritto insieme a Enrico Mentana “La Memoria rende liberi”(Rizzoli). Una frase incisa anche nell’atrio del Memoriale della Shoah di Milano, quel binario 21 della stazione centrale da cui partivano tanti treni diretti ai campi di sterminio. Un concetto cruciale per la Segre, ripreso anche nella definizione d’autore del Vocabolario Zingarelli 2020 “Indifferenza” citando Gramsci. “E’ abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”. Ma qual è l’antidoto all’indifferenza?
Il tema è ancora più urgente oggi che, dopo la scomparsa di Pietro Terracina, i testimoni dell’orrore di Auschwitz rimasti in vita sono appena 13. La risposta non può che essere una e una sola: conoscenza della Storia e partecipazione attiva contro ingiustizie e orrori. Combattere il Male oggi per non dimenticare quello di ieri. Il resto è chiacchiera, ipocrisia, conformismo, sdegno di facciata, retorica caricaturale dei buoni sentimenti.
E a questo proposito va segnalata l’iniziativa di apporre le cosiddette “pietre d’inciampo” : piccole targhe d’ottone di fronte alle abitazioni dei deportati per non dimenticare le vittime italiane dei campi di sterminio nazisti. Sono oltre 1.300, in 123 comuni, le pietre d’inciampo in Italia, censite dal quotidiano online la Repubblica.
Nella giornata del ricordo per le vittime dell’olocausto, tante le iniziative nei Comuni italiani a partire da Roma dove la sindaca Virginia Raggi ha partecipato ad un evento in Campidoglio in cui ha annunciato “l’intitolazione di un parco di Roma al piccolo Sergio De Simone, cugino delle sorelle Andra e Tatiana Bucci”. Da Roma a Trieste dove il sindaco Roberto Di Piazza, insieme alle massime autorità regionali, ha deposto una corona alla Risiera di San Sabba, monumento nazionale e unico campo di concentramento nazista in Italia con forno crematorio.
Sono circa settemila, invece, i giovani che si sono ritrovati al Mandela Forum di Firenze per ricordare le vittime dei campi di concentramento nazisti. Insieme a loro il sindaco Dario Nardella che ha dichiarato la Shoah “una fenditura nella coscienza contemporanea che non si rimarginerà mai ma va curata”. A Napoli il sindaco Luigi de Magistris sarà presente alla cerimonia di deposizione di una corona di fiori in ricordo di Luciana Pacifici vittima delle leggi razziali.
“La memoria per un popolo è il suo patrimonio genetico. I Comuni italiani, senza differenze di colore politico, sono orgogliosi di rappresentare una parte significativa di questa memoria. Una memoria fatta di successi, di crescita e dei valori del nostro popolo. Ma anche memoria dei periodi bui, delle sconfitte, delle tragedie”. Lo dichiara il presidente del Consiglio nazionale Anci, Enzo bianco, nel giorno delle celebrazioni per il giorno della memoria.
“Traiamo insegnamento dalla memoria e dal passato – aggiunge Bianco – per dare ai nostri ragazzi una visione limpida, realistica ma vibrante del futuro. I nostri gonfaloni sono il simbolo di un’Italia che vuole riscattare orridi errori del Passato e far crescere i valori della nostra Costituzione”.