La Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente a pronunciarsi sulle modalità di applicazione dell’imposta comunale (ICP) alle scritte pubblicitarie apposte sui carrelli della spesa presso i supermercati o centri commerciali, in relazione al ricorso proposto dalla società concessionaria che aveva notificato un AVVISO DI ACCERTAMENTO del Comune di PORTO SAN GIORGIO, impugnato da parte della contribuente.
La CTR delle Marche, riformando la decisione della CTP, aveva ritenuto che dovesse trovare applicazione l’art. 7, c. 5, del decr. legisl. n. 507/1993 in quanto trattavasi di mezzi pubblicitari riferibili al medesimo soggetto passivo, collocati in connessione tra loro, ed avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per Cassazione.
In primo luogo, la Suprema Corte con l’Ordinanza n. 23240/2019 della V Sezione Civile, ha considerato infondata l’eccezione di inammissibilità sulla tardività della costituzione della società concessionaria nel giudizio di appello ed ha richiamato la pronuncia della stessa Corte ( n.14638/2019) secondo la quale detta tardività determina solo la decadenza della facoltà di chiedere e svolgere attività processuali eventualmente precluse, mentre nella specie, la parte contribuente non ha indicato esattamente quando la società concessionaria si sia costituita in rapporto alla data di inoltro della comunicazione d’udienza e neppure ha censurato lo svolgimento di attività processuali precluse in relazione alla costituzione tardiva.
Riguardo ai motivi di doglianza circa la pretesa erronea decisione della CTR che ha ritenuto applicabile le modalità di calcolo della superficie tassabile anche se i cartelli pubblicizzavano soggetti diversi e non di identico contenuto, il Supremo Collegio fornisce un chiarimento interpretativo della norma nel senso che l’art. 7, c. 5, del decr. legisl. n. 507/1993 richiede in primo luogo per la sua applicazione che i mezzi pubblicitari siano di identico contenuto o riferiti ad un medesimo soggetto, ed in secondo luogo che siano in collegamento funzionale tra loro: nel caso di specie, è da escludersi il primo requisito in quanto i cartelli recano messaggi pubblicitari differenti tra loro, pubblicizzando soggetti differenti. Anche se è vero che nel caso in questione risulta che uno stesso soggetto reclamizzato è riprodotto in una pluralità di carrelli (ma non su tutti), ne deriva che viene meno il secondo requisito, cioè il collegamento funzionale e, quindi, non può trovare applicazione la previsione di cui al citato art. 7, c. 5.
In conseguenza, la Suprema Corte ha deciso di accogliere il ricorso, con rinvio alla CTR delle Marche, in diversa composizione, che dovrà attenersi al principio di diritto enunciato dal Collegio, secondo cui:
“La pubblicità realizzata attraverso i carrelli mobili bifacciali posti fronte retro, posizionati in ogni carrello della spesa presso supermercati o centri commerciali, ove riguardino il medesimo soggetto o la stessa ditta commerciale ed abbiano identico contenuto, possono considerarsi un unico messaggio pubblicitario, ai sensi dell’articolo 7, comma 5, del decr.legisl. n. 507/1993, in quanto assolvono ad un’unitaria funzione pubblicitaria”.
Nella stessa direzione, si richiama l’articolo di A. Borrelli in questa Rivista, in data 7 aprile 2019.
LINK – CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. V CIVILE – ORDINANZA N. 23240 DEL 18 SETTEMBRE 2019
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale
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