E’ rilevante e non manifestamente infondata – si legge nell’ordinanza 600/2019 del Tar Toscana – la quesitone di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1, lett. a), l. reg. Toscana n. 35 del 2015 per contrasto con l’art.3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza in quanto prevede un medesimo trattamento per situazione diverse tra loro; la legge regionale Toscana prevede cioè, a fronte della diversità delle dimensioni delle cave, un limite di tolleranza generale negli scavi, rispetto ai volumi autorizzati, espresso in termini quantitativi anziché in termini proporzionali alle dimensioni di ciascun sito estrattivo.
I giudici amministrativi fiorentini sottolineano, infatti, che l’autorizzazione prevede un limite massimo di volumetria di materiale escavabile con riferimento ai singoli siti estrattivi; la legislazione regionale, precisamente l’art. 23, comma 1, lett. a) della L.R. n. 35/2015, stabilisce però un margine di tolleranza nella misura di 1.000 m³: ne segue che il superamento della volumetria autorizzata contenuto entro tale limite non necessita di una nuova autorizzazione, ma obbliga l’impresa unicamente ad inoltrare una segnalazione certificata di inizio attività senza configurare una fattispecie di escavazione in assenza di titolo, cui conseguirebbe la grave sanzione della decadenza dall’autorizzazione a carico dell’impresa.
“Il fatto è che – spiegano gli stessi giudici – il lavoro di escavazione del marmo non è esattamente programmabile a priori. In linea generale, una corretta progettazione ed un’efficace direzione lavori sono in grado, rispettivamente, di prevenire e risolvere le problematiche che emergono nel corso degli scavi ma non si può escludere che, per fatti imprevedibili anche con la diligenza professionale, nel corso delle lavorazioni nasca l’esigenza di procedere rapidamente all’aumento della volumetria di scavo. Si può pensare alla necessità di rafforzare una parete nella cava a cielo aperto o di abbassare la quota di una galleria, rispetto a quanto progettato, per evitare il rischio di crolli. È quindi ragionevole che all’escavatore venga concesso un margine di tolleranza entro il quale procedere a variazioni in aumento delle volumetrie autorizzate, senza dover attendere i tempi del nuovo procedimento autorizzatorio. Appare però irragionevole la predeterminazione legislativa di un limite quantitativo valido in linea generale per tutte le cave, a prescindere dalle dimensioni di ciascuna di esse”.
Il limite di 1.000 m³ può essere sufficiente ad affrontare gli imprevisti in una cava di dimensioni modeste, ma può rivelarsi del tutto insufficiente con riguardo ad una cava di dimensioni ampie. Si tratta di situazioni differenti tra loro che il legislatore regionale invece, ai fini che qui interessa, tratta in modo eguale. Un conto infatti è una cava con fronte pari, ad esempio, a metri 500; altro conto è la cava con fronte esteso per chilometri: in quest’ultima si può ragionevolmente ritenere che sia facile arrivare, si ripete per fatti anche non addebitabili all’escavatore, a colmare il margine di tolleranza oggi vigente o addirittura a superarlo anche senza averne la percezione, e ciò comporta la gravissima conseguenza della decadenza dall’autorizzazione.
La questione è non manifestamente infondatezza, essendo orientamento costante della Corte Costituzionale (fin dalla sentenza n. 53 del 1958) quello secondo cui costituisce violazione del principio di eguaglianza il fatto di parificare situazioni oggettivamente diverse; mentre per contro non sussiste detta violazione laddove una diversità di disciplina corrisponda ad una diversità di situazioni, sempre con il limite generale dei principi di proporzionalità e ragionevolezza (Corte cost. nn. 79 del 2016 e 85 del 2013). Si ha quindi violazione del principio di uguaglianza ogni qualvolta la legge, senza un ragionevole motivo, prevede un trattamento eguale in situazione diverse (Corte cost. n. 125 del 1977; 48 del 1977; 135 del 1976). Nel caso in esame – concludono i giudici del Tar Toscana – non appare ragionevole che a fronte della diversità delle dimensioni delle cave la legislazione regionale toscana preveda un limite di tolleranza generale negli scavi, rispetto ai volumi autorizzati, espresso in termini quantitativi anziché in termini proporzionali alle dimensioni di ciascun sito estrattivo.