Secondo i giudici del Consiglio di Stato (Sez. III, 29/1/2019 n. 726) la c.d. clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando, altrimenti, lesiva della concorrenza.
Alla stregua dei principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, la clausola sociale dev’essere intesa e applicata in modo da evitare di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente; conseguentemente, l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’operatore economico subentrante.
La clausola sociale funge da strumento per favorire la continuità e la stabilità occupazionale dei lavoratori, ma nel contempo non può essere tale da comprimere le esigenze organizzative dell’impresa subentrante che ritenga di potere ragionevolmente svolgere il servizio utilizzando una minore componente di lavoro rispetto al precedente gestore, e dunque ottenendo in questo modo economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento
Riguardo l’applicazione della clausola sociale contenuta nel capitolato d’appalto, la giurisprudenza ha precisato che: il potere dell’amministrazione si esercita al momento della definizione del bando e dello schema di capitolato che ha condotto all’assegnazione dell’appalto; mentre la mancata verifica del rispetto della clausola sociale, riguarda un momento che non intercetta l’esercizio di un potere pubblicistico, ma che riguarda la corretta esecuzione negoziale, con conseguente difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
In tema di sindacato del giudizio di non anomalia dell’offerta la giurisprudenza ha enunciato quello per cui la verifica di congruità di un’offerta sospetta di anomalia non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell’offerta analizzata ed alla capacità dell’impresa – tenuto conto della propria organizzazione aziendale – di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse.
Nel rito speciale in materia di contratti pubblici il giudice amministrativo, una volta che abbia annullato l’aggiudicazione definitiva dell’appalto, può disporre il subentro della ricorrente nel contratto a condizione (tra l’altro) che il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara.