La Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza ha promosso il giudizio di legittimità costituzionale della L.R. n. 11/2003 della Regione Calabria recante “Disposizioni per la bonifica e la tutela del territorio rurale. Ordinamento dei Consorzi di Bonifica” nell’ambito del ricorso proposto dal proprietario di un immobile situato all’interno del comprensorio contro il Consorzio di bonifica integrale dei bacini meridionali del Cosentino ed Equitalia avverso una cartella di pagamento dei contributi per l’anno 2010, sostenendo la mancanza di un beneficio diretto per il fondo derivante dall’attività del Consorzio, previsto dal R.D. n. 215/1933 quale presupposto per l’applicazione del contributo.
La CTP ha fatto richiamo alla giurisprudenza della Corte costituzionale (in particolare la sent. N. 55/1963) secondo cui l’art. 59 del R.D: n. 215/1933 delinea una prestazione patrimoniale ricompresa nell’art. 23 della Costituzione, sostanzialmente legittima solo se determinata sulla base ed in proporzione dei benefici derivanti dalla bonifica, ed alla consolidata giurisprudenza di legittimità (tra cui la sent. Cassazione n. 11801/2013) la quale ha chiarito che il vantaggio deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile dal singolo fondo a causa della bonifica, idoneo a tradursi in una qualità del fondo, non essendo sufficiente un beneficio relativo al complessivo territorio e meramente derivante solo per riflesso dell’inclusione in esso del bene. E’ stato anche osservato dalla CTP che il Piano di classifica previsto dalla normativa Regionale non è stato adottato da nessuno dei Consorzi operanti nei comprensori di bonifica, per cui i Consorzi stessi esercitano la potestà impositiva utilizzando esclusivamente il criterio di cui alla lettera a) dell’art. 23 della L.. R. n. 11/2003 e dunque richiedono ai consorziati le somme necessarie per il funzionamento dell’ente a prescindere dal beneficio fondiario.
Il Consorzio, costituitosi nel ricorso, ha eccepito per varie ragioni la inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale ed ha sostenuto che il contributo imposto per i fini istituzionali è collegato alla qualità di consorziato che si acquista non per volontà del privato, bensì per effetto dell’ubicazione dell’immobile all’interno del territorio sul quale il Consorzio compie istituzionalmente attività di bonifica.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 188 del 2018, ha dichiarato la fondatezza della questione di legittimità, sia in relazione alla sussistenza della competenza del legislatore regionale nel settore della bonifica, sia in ordine alla natura tributaria della prestazione patrimoniale posta a carico dei consorziati.
Nel regime delle competenze legislative previste dall’art. 117, primo comma, della Costituzione, prima della Riforma del Titolo V , il legislatore regionale poteva esercitare la sua competenza concorrente in materia di agricoltura e foreste in cui ricadeva prevalentemente la disciplina della bonifica, mentre spettava al legislatore statale porre i principi fondamentali. Successivamente, con la Riforma contenuta nella Legge costituzionale n. 3 del 2001, è stato modificato il regime delle competenze in modo che ora la competenza legislativa in materia di agricoltura e foreste ricade nella competenza residuale del legislatore regionale, ma la disciplina della bonifica si colloca in un più complesso intreccio di competenze. In particolare, la disciplina dei Consorzi di Bonifica, che la Corte ha ritenuto appartenere alla categoria degli ENTI PUBBLICI LOCALI operanti nelle materie di competenza regionale (sent. N. 346/1994), prevede, per effetto dell’art. 27 del D.L. n. 248/2008, il potere delle Regioni di procedere al riordino dei Consorzi di bonifica secondo criteri definiti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni e l’intesa, raggiunta in data 18 settembre 2008, ha previsto che l’ambito territoriale di operatività dei Consorzi di bonifica , definita comprensorio di bonifica, è determinato dalla Regione su cui insiste il territorio di competenza e, quanto ai contributi consortili, ha stabilito come principio, che le spese del consorzio siano a carico dei consorziati i cui immobili traggono beneficio dalle azioni del Consorzio. Di conseguenza, il legislatore regionale può delimitare i comprensori di bonifica, provvedendo anche alla loro unificazione, e, per quanto riguarda i contributi consortili, provvedere alla loro regolamentazione, tenendo però presente che, nella misura in cui è riconosciuta la natura tributaria degli stessi, opera il limite generale dell’art. 110 della Costituzione che prescrive il rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario anche con riferimento ad un tributo che trae origine da una fonte statale.
Per quanto riguarda i contributi consortili, la natura tributaria degli stessi veniva inizialmente messa in dubbio in ragione del mancato collegamento tra le spese sostenute dal consorzio per le opere di bonifica e la contribuzione a tale spesa cui i consorziati erano oberati, dal momento che il R.D. n. 215/1933 fa riferimento alla ripartizione della quota delle spese tra i proprietari degli immobili e l’art. 860 cod. civ. considera il concorso dei proprietari alla spesa necessaria per le opere di bonifica. Dopo la modifica dell’art. 2 del decr. legisl. n.546/1992 sul Contenzioso Tributario, si è definitivamente affermata la giurisdizione delle Commissioni Tributarie sulle controversie aventi ad oggetto i contributi consortili di bonifica, come sancito anche dalla Sentenza delle SS.UU. della Cassazione n. 8770 del 2016. In ragione di tale qualificazione, il necessario beneficio non è espressione di un rapporto sinallagmatico, ma si basa sulla esistenza di un tributo di scopo, destinato ad alimentare la provvista del Consorzio per realizzare le opere di bonifica. In buona sostanza, ad avviso della Corte, nel caso dei contributi consortili, il beneficio per il consorziato contribuente deve necessariamente sussistere per legittimare l’imposizione fiscale e può consistere sia nella fruizione, ma anche nella fruibilità concreta e non già meramente astratta dell’attività di bonifica, che in ragione del miglioramento che deriva all’immobile assicura la capacità contributiva che giustifica l’obbligo di una prestazione tributaria. In definitiva, il principio fondamentale che ispira la prestazione di natura tributaria è nel beneficio tratto dalle opere di bonifica secondo i criteri fissati negli statuti e nelle delibere dei consorzi stessi, nel rispetto della disciplina regionale.
Passando, quindi, alla disamina della normativa Regionale, la Corte ha rilevato che la Calabria, dopo la Riforma del Titolo V della Costituzione, che ha inciso in modo significativo sulla competenza delle Regioni nel settore della bonifica, ha con l’approvazione della L.R. n. 11/2003 provveduto a riorganizzare l’intero comparto, con all’interno l’art. 23, oggetto della censura da parte della CTP di Cosenza, il quale stabilisce che il contributo consortile di bonifica è costituito dalle quote dovute da ciascun consorziato per il funzionamento dell’Organismo ed è applicato secondo specifici criteri: “ a) per le spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali, indipendentemente dal beneficio fondiario; b) per le spese riferibili all’articolo 24, comma 1, lettera b), sulla base del beneficio” .Ma, l’art. 24 , comma 2, di detta L.R: n. 11/2003 stabilisce che il PIANO DI CLASSIFICA individui i benefici diretti, indiretti e potenziali, derivanti dall’attività di bonifica agli immobili ricadenti nel comprensorio del Consorzio, beneficio che dimensiona gli indici di contribuenza di ciascun immobile. Appare però evidente che solo nel caso in cui risultasse l’unitarietà del contributo dell’art. 23 , benchè suddiviso in modo inscindibile in due quote, il presupposto del beneficio, previsto solo nella lettera b) del comma 1, condizionerebbe nel complesso la debenza del contributo stesso e quindi anche la obbligatorietà della quota a). Ed è altresì evidente che nella norma dell’ordinamento regionale in questione, la quota a) del contributo consortile non è inscindibilmente collegata alla quota b) del medesimo comma 1. Ciò è confermato dal contenuto della CARTELLA ESATTORIALE che ha generato il ricorso dinanzi alla CTP, da cui risulta che il pagamento si riferisce alla contribuzione di cui all’art. 23, comma 1, lettera a) della L.R. n. 11/2003 dovuto per i soli fini istituzionali, collegato al solo dato spaziale di essere l’immobile ricompreso nel territorio del Consorzio. D’altra parte, la stessa CTP ha riferito che nessun piano di classifica è stato redatto dal Consorzio, sicchè è mancata una rilevazione dei benefici diretti, indiretti o potenziali derivanti dall’attività di bonifica quale richiesta dall’art. 24.
Sulla base delle Ragioni di diritto di cui sopra., la Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1, lettera a) della Legge della Regione Calabria n. 11 del 23 luglio 2003, nella parte in cui prevede che il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali del Consorzio, è dovuto indipendentemente dal beneficio fondiario inbvece che “in presenza del beneficio”.
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale http://www,finanzaterritoriale.it