La tassabilità ai fini TARSU dei locali produttivi di rifiuti provenienti da attività artigianali e, quindi, assimilati ai rifiuti urbani in forza di delibere conformi al Regolamento RSU del Comune, è stata oggetto della Sentenza di Cassazione – Sez. V Civile – n. 9214/2018, su ricorso del contribuente avverso la decisione della CTR Piemonte relativa ad un ACCERTAMENTO TARSU 2005/2008 del Comune di Avigliana.
I motivi di impugnazione riguardano la violazione e falsa applicazione dell’art. 21, c. 2, del decr. legisl. n.22/1997, dell’art. 198, c- 2, lettera e) del decr. legisl. n. 152/2006 ed insufficiente motivazione in ordine ad una parte decisiva della controversia in relazione all’art. 360. C. 1, n.5, del c.p.c.
La Suprema Corte ha ritenuto di trattare congiuntamente i motivi di censura, ritenendoli tutti infondati per le ragioni che seguono.
La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato il principio secondo cui in tema di tarsu vanno escluse dalle superfici tassabili le porzioni di aree nelle quali per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori dei rifiuti, mentre non vanno esclusi i locali destinati a magazzino dei prodotti finiti, delle aree destinate a parcheggio, a mense ed uffici, i quali rientrano nella previsione di generale tassabilità ai sensi dell’art. 62, c. 1, del decr. legisl. n. 507/1993, ciò a prescindere dall’esistenza di un collegamento funzionale con l’area produttiva destinata alla lavorazione industriale. E ciò non essendo stato previsto tale collegamento funzionale, come causa di esclusione della tassa anche in periodo anteriore all’entrata in vigore del citato decreto.
Le potestà impositive dei Comuni sono rimaste ferme anche a seguito della emanazione del decr. legisl. n. 152/2006 (c.d. codice dell’ambiente) entrato in vigore il 29 aprile 2006, che attribuisce alla competenza dello Stato la indicazione dei criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, lasciando però in vigore i provvedimenti attuativi del decr. legisl. n. 22/1997 fino a che non fosse approvato il D.M. contenente i detti criteri, decreto che al momento della sentenza in oggetto non risulta ancora emanato, per cui la normativa dell’art. 195, c- 2, lettera e9 del decr. legisl. n. 152/2006 non può trovare applicazione. Di conseguenza, ad avviso della Corte, correttamente la CTR ha ritenuto che in base alla normativa vigente, per ottenere la esclusione della tassa per i rifiuti speciali, è necessario che gli stessi non risultino assimilati a quelli urbani per delibera comunale, evenienza questa non risontrabile nel caso di specie.
E’ stata inoltre richiamata la consolidata giurisprudenza di legittimità , secondo cui incombe al contribuente l’onere di fornire all’Amministrazione comunale i dati relativi alla esistenza ed alla delimitazione delle aree che non concorrono alla quantificazione complessiva della superficie tassabile, ponendosi la esclusione dal tributo quale eccezione alla regola generale che che prevede l’obbligo della tassa in capo a tutti coloro che detengono od occupano immobili nel territorio comunale.
Infine, la Suprema Corte, ha anche osservato che la CTR, con accertamento di fatto non censurabile, ha rilevato che il contribuente non ha in alcun modo dimostrato la produzione di rifiuti speciali, né ha provveduto alla delimitazione dell’area da escludere dalla tassazione. Di conseguenza, per tutte le motivazioni espresse, il ricorso del Comune è stato accolto-
LIK – CORTE DI CASSAZIONE . SEZ.V CIVILE – SENTENZA N. 9214/2018
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it