La sentenza n. 15/2018 della Corte Costituzionale (pubblicata in questa Rivista in data 5 febbraio 2018) intervenuta a decidere sulla questione di legittimità sollevata in ordine all’art. 1, comma 739, della Legge n. 208/2015, nella parte in cui non estende a tutti i Comuni l’efficacia dell’abrogazione della facoltà di aumentare “la tariffa base” dell’imposta di pubblicità dal 20 al 50 per cento a decorrere dal primo gennaio 2000, ha prodotto dubbi nel settore sugli effetti per gli anni successivi al 2012 delle maggiorazioni adottate dai Comuni.
Tali dubbi sono stati raccolti dall’IFEL in una NOTA DI LETTURA del 27 aprile 2018, con la quale ha riassunto i termini della vicenda ricordando che la Consulta è stata mossa proprio dall’esigenza di fornire elementi di certezza circa la legittimità dell’applicazione della maggiorazione per gli anni successivi al 2012, sia per effetto di delibere confermative , sia per tacito rinnovo di anno in anno delle tariffe deliberate entro il 26 giugno 2012.
Riguardo a tali profili, la Corte Costituzionale ha fornito una lettura intesa a fare salve le delibere adottate entro il 26 giugno 2012, in modo che l’abrogazione della facoltà attribuita dall’art. 11, comma 10, del decr. legisl. n. 449/1997, impedirebbe non solo l’adozione di nuove deliberazioni, ma anche il mantenimento delle misure tariffarie maggiorate per gli anni successivi al 2012.
Ad avviso dell’IFEL, tale lettura della Consulta si pone in contrasto con la linea adottata dai Comune sulla base della norma abrogatrice la quale appare chiara nel senso di considerare consolidati anche per le annualità future gli aumenti già deliberati prima dell’abrogazione dell’art. 11, comma 10, del decr. legisl. n. 449/1997, avvenuta ad opera del D.L. n. 83/2012. Ciò, anche perché il comma 739, intervenuto quale norma di salvaguardia a fronte dell’abrogazione di cui al D.L. n. 83/2012, deve essere comparabile a quelle misure che più di recente hanno disposto il blocco dei tributi comunali, non rendendo necessario lo stanziamento di un contributo erariale compensativo del conseguente minor gettito.
Il comportamento dei Comuni, che hanno in via generalizzata ritenuto la disposizione abrogativa quale clausola di salvaguardia non temporalmente limitata dagli aumenti disposti prima e, quindi, confermato l’efficacia delle maggiorazioni adottate entro il 26 giugno 2012, è da ritenere correttamente svolto, anche perché se la norma emanata con la legge di stabilità n. 208/2015 non avesse avuto la finalità di generale deroga degli effetti dell’abrogazione, avrebbe dovuto ragionevolmente contenere una regolazione dei rapporti tributari concernenti la maggiorazione dell’ìmposta di pubblicità dopo il 2012, almeno per il periodo 2012-2015. Ma su questo il comma 739 non detta alcun elemento.
Viene anche sostenuta la natura non vincolante della pronuncia della Corte Costituzionale, “dal momento che l’art. 136 della Costituzione riserva esclusivamente alle sentenze che accolgano l’eccezione di illegittimità di una norma legislativa il valore di immediata inapplicabilità della norma stessa, mentre nel caso in esame la diversa lettura che la Corte fornisce rispetto all’applicazione correntemente adottata costituisce un rilevante elemento di valutazione che potrà contribuire ad una definizione conclusiva della vicenda”.
In tale situazione di incertezza, l’IFEL ha sostenuto che si renda necessario un nuovo intervento legislativo volto a superare la questione ed ha suggerito ai comuni di astenersi dall’adottare provvedimenti di reiezione delle istanze di rimborso che dovessero pervenire da parte dei contribuenti, anche in considerazione dell’ampio termine prescrizionale di dieci anni riconosciuto per l’impugnazione di dinieghi taciti al rimborso.
LINK – IFEL – NOTA DI LETTURA 27 APRILE 2018 SUGLI EFFETTI DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 15 DEL 2018
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it