L’INPDAP ha invocato l’esenzione ICI relativa ad un immobile destinato a sede provinciale dell’istituto, con esito favorevole dinanzi alla CTP, confermato dalla CTR della Toscana.
Nel ricorso per Cassazione il Comune di Arezzo ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lettera i) del decr. legisl. n. 504/1992,nonché insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza CTR.
La Suprema Corte, con l’Ordinanza n. 6319/2018, pubblicata il 14 marzo 2018, ha ritenuto in primo luogo che non costituisce motivo di inammissibilità dell’impugnazione il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, dovendosi considerare sufficiente che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le ragioni del ricorso. Ha poi rilevato che il Comune ha omesso di trasmettere l’atto impugnato, limitandosi a produrre il fascicolo di parte senza alcuna individuazione della localizzazione del ricorso e dell’atto impugnato, tale da rendere inammissibile per difetto di autosufficienza il motivo della contradddittorietà della motivazione.
Riguardo alla applicabilità della esenzione recata dall’art. 7, c.1, lettera i), del decr. legisl. n.504 del 1992, la Corte ha richiamato la costante giurisprudenza di legittimità, secondo cui tale esenzione è subordinata alla presenza contemporanea di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento in esclusiva nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate dal legislatore ai fini dell’esenzione, e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, come individuati dall’art. 87, primo comma. Lettera c9, del D.P.R. n. 917/1986.
Per quanto concerne la sussistenza del requisito oggettivo, la Cassazione ha ricordato che questo non può essere desunto solo sulla base di un documento che attesti “a priori” il tipo di attività cui l’immobile è destinato, essendo invece necessario verificare che tale attività, pur rientrando tra quelle esenti per fine statutario, non sia svolta in concreto con le modalità di una attività commerciale. Spetta al contribuente fornire la prova ed al giudice di merito verificare “con criteri di rigorosità”, nel caso di struttura in tutto o in parte ricettiva, le caratteristiche dell’utenza ospitata, dei periodi di apertura e dell’importo delle rette in relazione ai prezzi correnti di mercato.
In conclusione, nel caso in esame, ad avviso della Corte, l’effettivo concorso di entrambi i requisiti descritti deve essere provato dall’INPDAP, che ha invocato l’esenzione, con la dimostrazione dello svolgimento nell’immobile di attività assistenziali o previdenziali, non potendo rientrare in tale fattispecie la mera destinazione dell’immobile ad uffici, siano essi amministrativi o tecnici.
Il ricorso del Comune è stato, quindi, accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame alla CTR in diversa composizione, per uniformarsi al principio enunciato.
LINK – CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. V CIVILE- ORDINANZA N. 6319/2018
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it