La CTP di Narni aveva accolto il ricorso della soc. ALCANTARA, titolare di uno stabilimento industriale per produzione tessile, avverso gli ACCERTAMENTI TIA 2006/2009 del Comune di Narni, nella considerazione che la società produceva rifiuti speciali per i quali provvedeva all’autosmaltimento e per il fatto che per il magazzino l’Ente impositore non aveva addotto alcun elemento a conferma che tale area fosse effettivamente destinata a deposito dei prodotti, e la CTR Umbria confermava tale decisione.
Nel ricorso per Cassazione il Comune ha lamentato che la sentenza CTR avrebbe omesso di affrontare il punto centrale della omessa indicazione da parte del contribuente, nella denuncia presentata ex art. 70 del decr. legisl. n. 507/1993, della esenzione spettante, con la conseguenza che la stessa non poteva essere fatta valere “a posteriori” in sede di giudizio. L’Ente impositore ha inoltre lamentato che la sentenza impugnata avrebbe ribaltato sul Comune l’onere della prova sulla sussistenza delle condizioni di esigibilità della tariffa, nonché la mancata valutazione dell’accertamento eseguito in contraddittorio dai rilevatori comunali, e falsa applicazione degli articoli di legge e del Regolamento comunale, atteso che la CTR avrebbe escluso erroneamente la tassabilità delle aree scoperte considerandole pertinenza dell’area produttiva.
La Suprema Corte, SEZ: V CIVILE, con la sentenza N. 3800/2018, pubblicata il 16 febbraio 2018, ha richiamato i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di tassa rifiuti, spetta al contribuente fornire i dati relativi alla esistenza e delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilati a quelli urbani e smaltiti direttamente, che come tali non concorrono al calcolo della superficie imponibile in applicazione dell’art. 62, comma 3, del decr. legisl. n.507/1993. Ha altresì richiamato il principio ripetutamente affermato il quale riconosce che l’imposta è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibite, ad eccezione di quelle accessorie e pertinenziali all’abitazione, fermo restando che spetta al contribuente dimostrare con adeguatezza i presupposti fattuali per poter beneficiare delle disposizioni di esclusione dal tributo.
In ordine alla tassabilità dei locali adibiti a magazzino per lo stoccaggio della merce, la Corte ha ribadito il principio che ove l’area non sia destinata a lavorazioni artigianali e dunque alla produzione di rifiuti speciali, ma sia usata come deposito di rifiuti prodotti in altri locali, va compresa nel calcolo della superficie tassabile, atteso che i residui prodotti non possono essere considerati residui di un ciclo di lavorazione.
Quanto alla censura relativa all’assoggettabilità al tributo dell’area sc9operta, ad avviso della Corte, la natura pertinenziale di un’area va dimostrata in concreto, posto che il rapporto tra cosa principale e pertinenza non attiene ad una connessione materiale o strutturale, ma si configura come rapporto di funzionalità, il cui accertamento incombe al giudice di merito, che deve illustrarlo nel percorso della decisione.
Sulla scorta dei suddetti rilievi, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del Comune, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla CTR Umbria, in diversa composizione, per il riesame sulla base dei principi espressi.
LINK – CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. V CIVILE – SENTENZA N. 3800/2018
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it