La CTP di Roma aveva annullato l’AVVISO DI ACCERTAMENTO ICI 2001/2003 emesso dal Comune di Roma per un immobile prospiciente la Fontana di Trevi ed aveva riconosciuto il carattere storico ed artistico dello stesso con la conseguente applicazione dell’agevolazione di cui all’art. 2, c. 3, del D.L. n. 16/1993, convertito nella L. n. 75/1993. La CTR LAZIO aveva accolto l’appello del Comune di Roma sostenendo che gli immobili in questione erano sottoposti al vincolo indiretto di cui all’art. 21 della Legge n. 1089/1939, mentre l’agevolazione ICI concerneva i soli immobili classificasti come BENI DI INTERESSE CULTURALE DIRETTO ai sensi dell’art. 3 della Legge n,1089/1939.
Sul ricorso per cassazione proposto dalla contribuente, La Suprema Corte, Sezione V CIV, con la sentenza n.1695/2018, pubblicata il 24 gennaio 2018, ha ritenuto in primo luogo infondata l’eccezione di inammissibilità perché l’esposizione dei fatti di causa e delle norme di diritto a sostegno appaiono sufficienti per la comprensione del thema decidendum. E’ stata altresì dichiarata non pertinente la connessione sostenuta dalla contribuente ad una sentenza della CTP di Roma, ritenendo la Corte di uniformarsi al principio di legittimità (sent. N.10960/2010) secondo cui la sentenza che dichiara cessata la materia del contendere è di carattere meramernte processuale ed è inidonea a costituire giudicato sostanziale fatta valere nel relativo giudizio.
Jnammissibile per la Corte è stato giudicato il motivo della contribuente circa la pretesa insufficiente motivazione della CTR riguardo alla dichiarazione della Sovrintendenza ai Beni Culturali ed Artistici che l’immobile era soggetto a tutte le disposizioni della Legge n.1089/1939. La Corte ha richiamato il più volte affermato principio secondo cui, in materia di ICI, l’agevolazione prevista nell’art. 2, comma 5, de D.L. n. 16/1993 per gli immobili qualificati di interesse storico artistico trova la sua ratio nella necessità di contemperare l’entità del tributo con le ingenti spese che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili stessi, per cui deve ritenersi applicabile esclusivamente agli immobili sottoposti al vincolo diretto di cui all’art. 3 della Legge n. 1089/1939 e, trattandosi di norma di stretta interpretazione, non può essere estesa a quelli sottoposti a vincolo indiretto di cui all’articolo 21 della medesima legge. Di conseguenza, la CTR aveva accertato la sussistenza del vincolo indiretto e correttamente considerato che l’apposizione del vincolo non poteva derivare dagli atti della Sovrintendenza, posto che trattavasi di provvedimenti di contenuto generico, mentre per la sottoposizione del bene al vincolo sarebbe stato necessario apposito atto notificato al proprietario del bene.
Né, sempre ad avviso della Corte, poteva ritenersi sussistere un rapporto pertinenziale tra l’immobile in oggetto e la Fontana di Trevi poiché il fabbricato della ricorrente, pacificamente adibito ad abitazione, non può ritenersi destinato in modo durevole al servizio od ornamento della fontana di Trevi, essendo esso un bene dotato di autonoma destinazione cui è stato solamente imposto il vincolo del mantenimento delle caratteristiche architettoniche esterne.
E’ stata, infine, dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del decreto legge n. 16/1993 sollevata dalla ricorrente..
Per tutte le ragioni esposte, il ricorso della contribuente è stato, quindi, respinto.
LINK – CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. V CIVILE. SENTENZA N. 1695/2018
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it