A prima vista, sembrano mete poco fruibili per un turista con qualche difficoltà in più: durante il periodo delle vacanze, il caldo può affaticare chiunque e percorrere stradine in salita e discesa non sempre è una passeggiata; invece, girando per alcune di queste cittadine, si scopre che già in passato c’era una certa attenzione all’uomo. A ben guardare, anzi, proprio i luoghi che hanno attraversato i secoli e le vicissitudini della storia, sono giunti quasi intatti ai giorni nostri e oggi, in alcuni casi, hanno saputo anche rinnovarsi e offrire al cittadino o al turista una percorribilità più agevole. Vicoli stretti, edifici antichi di epoche diverse, piccole botteghe artigiane e osterie tradizionali si concentrano in questi microcosmi che sono delle città nelle città.
Il concetto di centro storico nasce all’inizio dell’Ottocento, in piena rivoluzione industriale quando, in opposizione al concetto di città moderna, il tessuto urbano della città storica si scontrava con le nuove esigenze organizzative dettate dalla crescita urbana. Sebbene si sia cercato di dare alla definizione un valore assoluto, ben presto ci si è resi conto dell’impossibilità di estenderne il significato a livello universale. Facilmente individuabile per le città Italiane, in particolare, ed europee, più in generale, resta difficile da riconoscere nelle vertiginose espansioni delle nuove metropoli dalla recente stratificazione dove, tra dispersione e superconcentrazione, lo sviluppo sembra in molti casi preludere alla fine della stessa nozione storica di città.
È una definizione urbanistica che identifica in una città il nocciolo più antico e gli edifici appartenenti a quello che era il nucleo originario. La definizione si adatta bene al nostro Paese, che possiede centri storici ben conservati e di semplice identificazione. Basti pensare a quello di Firenze, racchiuso dai viali di circonvallazione tracciati sull’antica cerchia di mura, di Napoli e Genova, che hanno un lato confinante con il mare e il resto inserito lungo le vecchie mura, o quello di Roma, tutto racchiuso nelle mura cittadine. Grandi città a parte, in Italia si trovano migliaia di centri storici.
In Italia, ancora oggi, i centri di territori poco noti (che generalmente vengono denominati “centri storici minori”) possono essere considerati l’armatura territoriale che ne delinea l’identità. Costituiscono la testimonianza concreta della complessità culturale, delle stratificazioni insediative e dei cambiamenti sociali che lì si sono prodotti e sedimentati.
“Da oltre 30 anni non si svolgono ricerche sulla situazione complessiva dei centri storici italiani, per questo abbiamo voluto concentrare la nostra attenzione su questi 109 centri storici che occupano circa 172 chilometri quadrati, vale a dire lo 0,06% del territorio italiano. Una porzione di territorio estremamente contenuta ma eccezionalmente ricca di valori: in questo 0,06% del territorio vive infatti il 2,5% della popolazione ma si trova l’8,4% degli addetti e soprattutto il 14,5% degli addetti ai servizi pubblici, il 14,0% dei servizi di produzione; il 13,4% delle attività ricettive. Per ogni abitante dei centri storici presi in esame ci sono 2,2 addetti”. A dirlo sono Francesco Bandarin, presidente dell’ANCSA – Associazione nazionale centri storico-artistici, e Lorenzo Bellicini, direttore del CRESME – Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia, che oggi hanno presentato un’indagine sull’argomento e firmato un protocollo d’intesa con il Mibact.
“Tra il 2001 e il 2011 – sottolinea Bandarin – gli addetti che lavorano nei centri storici sono cresciuti del 18,7%, nello stesso periodo l’occupazione in Italia è cresciuta del 4,5%. I settori maggiormente innovativi, come i servizi di produzione, e il turismo caratterizzano i centri storici italiani: essi sono il motore economico del Paese”.
Ma ci sono anche delle criticità: c’è una frattura pesante secondo lo studio tra i centri che diventano cuore pulsante della ripresa e quelli che vivono l’abbandono, la crisi, il degrado. Il 52% delle abitazioni nel centro storico di Frosinone è vuoto, a Ragusa è il 42%, mentre a Lecco il 42,2% delle abitazioni è occupato da non residenti. Nella Città Vecchia di Taranto un edificio su tre è inutilizzato, nel centro storico di Caltanissetta un edificio su cinque è inutilizzato, ad Agrigento, Benevento, Vibo Valentia, Trapani sono 1 su 10. In molte città del nord gli edifici inutilizzati hanno valori infinitesimali: 0,1% a Firenze, 0,2% a Siena.
Guardando alle regioni: in Toscana, Umbria, Marche (ma non i comuni di costa) e Lazio, i centri storici vedono crescere la popolazione; in Veneto, parte della Lombardia, Abruzzo, Molise, parti della Puglia, il sud est della Sicilia, la Sardegna, la popolazione del centro storico diminuisce.
Per quanto riguarda le singole città, tra quelle demograficamente dinamiche ci sono Prato (+38% la popolazione nel centro storico), Roma (+15%), Torino, Parma, Forlì, Grosseto. Ci sono capoluoghi che vedono la popolazione in calo nel resto della città, ma in crescita nei centri storici: come Verbania, che vede crescere la popolazione del centro storico del +44%. In questo gruppo rientrano molte città metropolitane come Genova, Palermo, Messina, Trieste, Firenze.
In alcune la variazione della popolazione è negativa nel centro storico e nel resto della città. In questo gruppo rientrano alcune grandi città e i centri storici molto popolati ovvero Napoli, Catania ma anche Venezia. Tra i centri storici con più popolazione anziana ci sono Pescara, Treviso e Venezia.
E i giovani? Sopra la media nazionale vi sono solo sei centri storici (Taranto, che ha il valore più alto, 29,1%, e poi Foggia, Palermo, Caltanissetta tutte introno al 25%, e poi Monza 23,9%).