La Riforma della legge quadro 394/91 sulle aree protette, approdata alla Camera dopo essere stata corretta in alcuni punti dalla Commissione ambiente, viene interpretata da diverse associazioni ambientaliste e forze politiche come un testo in cui permangono punti da chiarire e migliorare, insieme ad altri che dovrebbero essere cambiati. Per alcuni un’occasione persa per aprire un ampio confronto su come vada tutelata e gestita la biodiversità. Stando alle parole del presidente della Commissione ambiente, Ermete Realacci, l’obiettivo della riforma è tuttavia quello di rendere le aree protette un modello di sviluppo per il Paese, incrociando natura e cultura, coniugando la tutela e la valorizzazione del territorio e delle biodiversità con la buona economia.
“I Parchi italiani non possono più essere visti soltanto come i luoghi della conservazione: devono mettersi in gioco nella grande sfida di sviluppo sostenibile del nostro Paese. La riforma che arriva in Aula alla Camera ci avvicina molto a questo obiettivo – ha detto il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti -. Il nuovo testo punta al buon funzionamento degli Enti, alla semplificazione e alla certezza nei tempi, a quella programmazione che in troppe realtà ancora manca. I piani dei Parchi nazionali – aggiunge il titolare dell’Ambiente – vengono innanzitutto sottoposti a Valutazione ambientale strategica, assicurando dunque il controllo forte dei Ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali, per gli aspetti paesaggistici e saranno approvati in tempi definiti. Viene introdotto un nuovo metodo di selezione dei direttori del Parco: la governance sarà aperta alle espressioni del territorio, secondo requisiti definiti e rigorosi. E’ previsto anche un piano triennale di programmazione per le aree protette terrestri e marine, con la definizione di obiettivi e priorità da realizzare attraverso uno stanziamento di 30 milioni di euro in tre anni”. “Grazie alla legge 394 del 1991, che ha istituito il sistema Parchi nazionali e delle aree marine protette – ha concluso il ministro – è cresciuto molto il grado di tutela ambientale del nostro Paese: oggi la sfida è ancora più ampia, ma diversa perché si fonda su quel concetto di sviluppo sostenibile che un quarto di secolo fa non era declinato come lo è oggi in ogni settore della nostra economia. Questo per i Parchi vuol dire saper valorizzare la biodiversità accompagnandola all’agricoltura di qualità, all’innovazione, al turismo sostenibile, alle energie rinnovabili, alla spinta culturale e giovanile”.
Per Legambiente nella proposta di riforma ci sono aspetti peggiorativi rispetto al testo licenziato al Senato, come ad esempio, la norma che esclude l’incarico di presidente di Parco dall’applicazione della legge 95/2012 (disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini). “Lo dico con grande semplicità – ha sottolineato il presidente della Commissione ambiente Realacci – il lavoro che abbiamo fatto alla Camera, in tutti i punti è migliorativo rispetto alla legge n. 394: non c’è un solo punto del testo che è all’esame della Camera, in cui ci sia un arretramento rispetto alla legge n. 394. Per esempio, si discute molto delle qualificazioni dei presidenti e dei direttori. Si può anche migliorare, penso che possiamo introdurre dei miglioramenti nel corso dell’esame in Aula, ma nella legge n. 394 non c’erano qualificazioni per i presidenti e per i direttori. Al tempo stesso bisogna stare molto attenti nell’indicare delle qualificazioni rigide, che rischiano poi di arrivare quasi al nome e cognome di quelli che devono fare i presidenti e i direttori, perché in qualche caso abbiamo avuto ottimi presidenti e ottimi direttori che avevano percorsi diversi. Io vorrei ricordare che nel maggio dell’anno scorso è scampato a un attentato mafioso Giuseppe Antoci, presidente di un parco regionale, il Parco dei Nebrodi, un parco importante. Questo presidente è un bancario e ha fatto una battaglia di legalità essenziale per quel parco. Oppure Angelo Vassallo, che era il sindaco di Pollica, un sindaco pescatore, e che io avrei visto bene come presidente del Parco del Cilento. Era anche un mio amico personale, è stato ammazzato per la sua battaglia sulla legalità, e si è battuto con grande intelligenza e lungimiranza per il Parco. Secondo alcuni, queste persone non avrebbero dovuto fare i presidenti dei parchi. Io su questo non sono d’accordo”.