Col termine “sampietrini” o “sanpietrini” si intende il lastricato tipico nel centro storico di Roma. Esso è costituito da blocchetti di pietra a sezione più o meno quadrata e di circa 10 cm di lato, accostati uno a fianco all’altro e battuti sul terreno.
Questo tipo di selciato si usava certamente già nel 1600 e si usa tuttora, tanto che i sampietrini li ritroviamo ancora in molte strade e piazze del centro. In particolar modo li possiamo osservare anche nella piazza senza dubbio più conosciuta al mondo, la meravigliosa Piazza San Pietro, tanto famosa da dare proprio il nome a questo tipo di pavimentazione.
E proprio in questo luogo, ai margini del rione Borgo, è ambientata una delle storie più curiose e particolari che il ventre di Roma non cessa mai di esprimere.
Guardando sul selciato di Piazza San Pietro, nella fascia che corre tutt’intorno all’obelisco centrale a disegnare per terra un cerchio di marmo, li’ dove è riprodotta “la Rosa dei Venti”, proprio vicino alla raffigurazione del “libeccio”, sul lato sinistro della piazza se si guarda la facciata della basilica, si trova un sampietrino davvero singolare: esso reca scolpito un cuore, in rilievo e per quasi tutto lo spazio che ha a disposizione.
Lo scoprirono parecchi anni fa alcuni ragazzini di Borgo, che passavano il loro tempo libero a giocare nella piazza con una palla fatta di stracci. E proprio a loro si deve il suo soprannome “er core de Nerone”, ad oggi la denominazione più comune.
Il “cuore di Nerone”, noto anche come “cuore di Bernini” o “cuore di Michelangelo”, non è facilmente individuabile, considerando che in piazza san Pietro si trovano circa 2 milioni di sampietrini. Si fa fatica pur avendo indicazioni precise su dove esso sia collocato.
Il motivo poi per il quale esista e si trovi lì rappresenta un vero mistero. Circolano a Roma alcune leggende al riguardo, anche se tutte davvero assai vaghe.
La prima ci racconta che fu Michelangelo a scolpire il sampietrino qui, a ricordo di un amore sfortunato per un ragazzo (il cuore, infatti, è trafitto da una freccia al centro). Una variante di questa leggenda ci dice che lo scolpì Gian Lorenzo Bernini, autore del magnifico colonnato che corre intorno alla piazza, a simbolo che nella sua vita non trovò mai l’amore vero. Un’altra storia narra che fu scolpito da una donna, a ricordo dell’amore verso il marito condannato ingiustamente a morte.
Un’ultima leggenda racconta che fu inciso tristemente da un soldato durante il discorso che Garibaldi tenne qui il 2 luglio 1849, prima di abbandonare Roma, sancendo così di fatto la fine della famosa “Repubblica Romana”.
Va anche detto che il pavimento della piazza è stato rifatto varie volte, l’ultima nel 1936. In quest’ultima occasione vennero sostituiti tutti i sampietrini preesistenti, tranne però proprio quelli interni ai riquadri della Rosa dei Venti, probabilmente per la forma irregolare dei riquadri stessi, o forse per il materiale ed il colore leggermente diversi rispetto agli altri sampietrini della piazza. Sembra perciò che il “cuore di Nerone” non sia andato perduto per una serie di circostanze incredibilmente fortunose.
Si trova ancora lì, a testimonianza di un passato che, davanti alle migliaia di opere d’arte straordinarie che la Città Eterna può vantare, potrebbe apparire ai più trascurabile ma che invece andrebbe trattato con maggior rispetto anche dai romani stessi che, di fatto, per la maggior parte, ignorano il meraviglioso coacervo di leggende, storia e identità che questa città trasmette.
Sa, quindi, quasi di miracolo il fatto che sia giunto pressochè intatto fino ai nostri tempi.