Per ricordare Luigi Tenco in città sono stati organizzati un concerto e una mostra con visite guidate alla scoperta dei luoghi della scuola della canzone genovese
“Genova si conferma capitale della canzone d’autore – ha detto l’assessore comunale alla Cultura, Carla Sibilla – in via del Campo abbiamo aperto un museo dedicato a Fabrizio De Andrè e agli altri artisti della scuola genovese come Tenco, Bindi, Paoli, Lauzi e Fossati”.
Così a 50 anni dalla morte, Luigi Tenco, nato in provincia di Alessandria nel 1938 trasferitosi nel capoluogo ligure all’età di 10 anni, con la mamma ed il fratello maggiore, rivive nella memoria collettiva.
Un uomo con una grande sensibilità artistica, una storia che ha sdoganato nuovi scenari e lasciato interrogativi aperti.
Con il passare degli anni il cantautore si appassiona, alla musica, al teatro, al cinema. Pur non diventando subito popolari, le sue prime canzoni trovano buona accoglienza nell’ambito studentesco e tra gli addetti ai lavori più sensibili alle novità, mentre l’ambiente discografico e la critica musicale disegnano su di lui un’immagine che il cantautore non riuscirà più a scrollarsi di dosso: quella del “personaggio scomodo”, di artista talentuoso, ma troppo polemico e politicizzato.
Il suo impegno è genericamente quello di un uomo schierato a sinistra e la sua vena ironica quanto amara, è in piena sintonia con la sensibilità di parte della popolazione giovanile degli anni Sessanta. La sua produzione è in linea con i tentativi artistici che stanno facendo Paoli, Bindi, Fo e Strelher, di dare alla canzone italiana contenuti comunicazioni impegnate, contenuti più reali che passano anche attraverso il teatro.
Nel 1961 esce il suo primo 45 giri inciso come solista, intitolato “I miei giorni perduti”. Nel 1962 comincia una breve esperienza cinematografica con il film “La cuccagna” di Luciano Salce, una pellicola nella quale canta “La ballata dell’eroe”, composta dall’amico Fabrizio De Andrè.
All’immagine pubblica della persona disfattista da sempre, chi l’ha conosciuto e conosciuto bene, presenta e contrappone un Luigi Tenco amante della vita, ricco di creatività e persino spiritoso, con un repertorio incredibile di aneddoti divertenti e barzellette da sfoderare ad ogni incontro. Dalle testimonianze degli amici insomma, Tenco risulta essere stato un animo sensibile ed inquieto, ma attaccato alla vita, tanto che per molti la sua morte, alla soglia dei trent’anni di età, rimane ancora un mistero. Un cantante convinto che si debba dare ai testi musicali un linguaggio nuovo, vanificando i luoghi comuni, la rima baciata, il verso tronco, la retorica corrente.
E con quel sapore dolce amaro che contraddistingue la sua storia torna alla mente il “Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare […]”. Ironia, ossimoro.
Una personalità umana ed artistica controversa quella di Tenco, dipanata tra contraddizioni e misteri. Una stagione assai breve che può essere piaciuta come no, ma che ha rappresentato una cerniera tra la vecchia e la nuova poesia fatta musica.