All’inizio nel 1600, per una donna, dedicarsi alla pittura rappresentava una scelta non comune e difficile. Ma Artemisia Gentileschi, nonostante le drammatiche vicissitudini che caratterizzarono la sua vita ci riuscì, divenendo un’artista di primo piano.
Per renderle omaggio, a Roma, è stata organizzata la mostra dal titolo “Artemisia Gentileschi e il suo tempo”. Organizzata con il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, e ospitata a Palazzo Braschi dal 30 novembre 2016 al 7 maggio 2017, la mostra, che comprende decine di opere, espone alcuni dei suoi più grandi capolavori: “Giuditta che taglia la testa a Oloferne”, “L’autoritratto come suonatrice di liuto”, “Susanna e i vecchioni” e “L’aurora”.
Le cento opere, che provengono sia da musei che da collezioni private di ogni parte del mondo, seguono le tappe della sua biografia. Dagli esordi romani, agli anni di Firenze, al ritorno a Roma tra il 1620 e il 1627, al periodo trascorso a Napoli, ma anche il passaggio veneziano e la breve ma intensa parentesi londinese. Scandite all’interno di un itinerario cronologico, le opere di Artemisia sono messe in relazione con quelle di pittori attivi in quegli anni a Roma come Guido Cagnacci, Simon Vouet e Giovanni Baglione, fonte d’ispirazione per la pittrice che riesce ad aggiornare, di volta in volta, il suo stile eclettico e mutevole.
Un’esposizione artistica di pregevole livello che conferma ancora una volta il predominio artistico italiano del XVII secolo.