Nella fase finale di conversione del decreto fiscale 193/2016 trova spazio l’ennesima proroga delle inesigibilità della riscossione. Il comma 12 bis modifica il comma 684 contenuto nell’articolo 1 della legge 190/2014, la legge che ha riscritto completamente la disciplina delle inesigibilità delle cartelle di pagamento.
Per comprendere l’intervento è necessario chiamare in causa gli articoli 19 e 20 del d. lgs 112/99, quella norma che disciplina i rapporti tra gli agenti nazionali della riscossione (ex concessionari) e gli enti impositori. Le liste di carico per la formazione del ruolo e delle successive cartelle accedono alla riscossione privilegiata del dpr 602/73, che detta modi e tempi per la notifica e la scadenza delle cartelle, le conseguenze in caso di inadempimento e lo sviluppo delle misure cautelari ed esecutive. La forma privilegiata, come noto, consente azioni dirette senza l’intervento del tribunale accedendo alle informazioni relative al debitore presenti in anagrafe tributaria. Terminate le attività, l’agente presenta la comunicazione di inesigibilità entro il termine del 31 dicembre del terzo anno successivo alla consegna del ruolo. L’ente impositore ha due anni di tempo (in origine erano tre) per contestare eventuali inadempimenti, secondo le cause di diniego al discarico indicate nel sopra citato articolo 19. La procedura di contestazione deve seguire le regole previste nell’articolo 20, anche questo riscritto dalla riforma del 2014, che ha ridefinito il procedimento amministrativo e l’entità del danno risarcibile.
Sin dall’entrata in vigore del 112/99 apparve chiaro che difficilmente l’inesigibilità si potesse concretizzare nell’arco temporale dei tre anni. Proroghe su proroghe portarono ad accumulare anni di ruoli sui quali non venivano chiuse le attività di riscossione, così da costringere il legislatore a una riforma retroattiva, che disegnò una tabella temporale per tutti i ruoli consegnati dal 2000 al 2014 con un ragionamento annuale. Per cui, partendo dai ruoli consegnati nel 2014, il termine di presentazione delle inesigibilità era fissato a fine 2017; spostando di un anno a ritroso la consegna del ruolo si doveva aggiungere un anno in avanti per la presentazione delle inesigibilità. Una sorta di fisarmonica che collocava le inesigibilità dei ruoli consegnati nel 2000 al 2031. Una logica che sembrava rispondere all’esigenza di privilegiare i carichi più recenti per la maggiore possibilità di riscossione
L’intervento del decreto fiscale ridefinisce le annualità della tabella di marcia spostando in vanti di due anni tutti i termini. Per cui se le inesigibilità dei ruoli del 2014 e 2015 (unici anni unificati) si consegnano entro fine 2019, le inesigibilità dei ruoli relativi all’anno 2000 passano al 2033. Le date sono importanti perché solo dopo che sarà scaduto il termine per singola annualità, si potrà procedere con l’attività di contestazione al discarico, che tuttavia vale solo un ottavo del carico iscritto a ruolo e addebitabile al termine di complessa procedura ad ostacoli non applicabile sulle partite inferiori a 300 euro (comma 688). In realtà, l’interesse dei comuni è conoscere la bontà del titolo avviato tanti anni fa in riscossione ma non ancora etichettato come inesigibile. Un incastro che si è scontrato con le esigenze della contabilità armonizzata costringendo i comuni ad analisi autonome ed obiettive sulle situazioni debitorie oramai prescritte.
La norma di proroga produce effetti anche sulla norma ponte contenuta nel comma 686 della medesima legge 190/2014, resasi necessaria in vista dell’uscita di Equitalia dal mondo dei comuni, ma che non troverà più senso con l’ingresso del nuovo ente di riscossione nazionale che, secondo il comma 3 dell’articolo 1, subentrerà in tutti i rapporti pregressi e proseguirà nelle attività di riscossione di chi l’ha preceduta.
La nuova proroga sembra motivata dalle tempistiche necessarie a concludere la definizione agevolata che, di fatto, rallenterà le attività di riscossione. Va ricordato che, grazie alla disposizione del comma 685 della legge 190, le spese di procedura maturale dal 2000 al 2013, non sono più dovute dai comuni, bensì sono a carico del bilancio dello Stato. Per gli altri enti invece è già scattato l’obbligo della restituzione in numerose rate annuali. Le spese successive vengono invece recuperate col nuovo meccanismo previsto dall’articolo 17 del 112/99 entro l’anno successivo.
La vicenda delle inesigibilità continua ad essere il simbolo della inadeguatezza della riscossione a mezzo ruolo caratterizzata da tempistiche troppo lontane rispetto alle esigenze dei comuni. Il decreto fiscale nulla riforma, lasciando inalterato tutto l’assetto procedurale. L’unica arma in mano agli enti impositori per contribuire alla riscossione sono le segnalazioni esperibili ai sensi dell’articolo 19 comma 4, che fa salvo il potere dell’ente impositore di comunicare al concessionario l’esistenza di nuovi beni da sottoporre ad esecuzione e di segnalare azioni cautelari ed esecutive. La disposizione assume rilievo poiché l’agente non è tenuto a ripetuti accessi alle posizioni del soggetto e ciò significa che l’ente non deve cullarsi sull’idea che sicuramente sono note tutte le possibilità di recupero del credito, ragion per cui, non va trascurata la verifica sulle banche dati informative disponibili all’ente impositore.